Tuo figlio vittima di cyberbullismo? Nuove norme e cosa fare.


La Suprema Corte promuove dure misure penali per contrastare gli abusi perpetuati dai minorenni, che animati dallo spirito di branco rendono un inferno la vita dei coetanei. Risponderanno anche i genitori degli aguzzini e i docenti che si disinteressano del problema.

Il cyberbullismo introduce per la prima volta nel nostro ordinamento norme dedicate alla prevenzione e al contrasto del fenomeno che ha per protagonisti le vittime minorenni, un fenomeno molto diffuso nelle scuole.

Infatti le misure approvate dal Parlamento nel lontano 2014 prevedono norme relative al bullismo in generale e modifiche del codice penale, che introduce speciali aggravanti nel caso di stalking commesso tramite cyberbullissmo.

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Possiamo parlare di cyberbullismo quando abbiamo le seguenti condotte: 1) pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazine, furto d’identità, alterazione, acquisizione illecita o manipolazione o trattamento illecito di dati personali; 2) poste in essere nei confronti di minorenni; 3) realizzate per via telematica (siti web, social media).

È considerato cyberbullismo anche la diffusione online di contenuti riguardanti un componente della famiglia del minorenne, con lo scopo intenzionale e predominante di isolare il soggetto attraverso un serio abuso, un attacco dannoso, o la sua messa in ridicolo.

TUTELARSI – I minori aventi un’età di almeno 14 anni che siano vittima di atti di cyberbullismo, o i loro genitori, o altri adulti esercenti la responsabilità su di essi, possono presentare al gestore del sito internet (o del social media) una richiesta di immediato oscuramento, rimozione, o blocco dei contenuti offensivi.

Non è prevista la cancellazione dei contenuti, ma solo l’impedimento dell’accesso degli utenti: in questo modo i contenuti potranno sempre essere utilizzati come prova.

Nel caso in cui il responsabile del trattamento dei dati non provveda entro 24 ore a comunicare all’interessato la presa in carico della richiesta, ed entro 48 ore a rimuovere i contenuti offensivi, l’interessato può fare reclamo all’Autorità garante per la protezione dei dati personali, che agirà entro 48 ore.

Il reclamo al Garante si può presentare anche quando sia impossibile identificare il responsabile del trattamento dei dati personali della pagina web o del social media.

Il ruolo della scuola – Il Dirigente Scolastico che venga a conoscenza di un episodio di cyberbullismo, commesso da uno o più studenti del proprio istituto, è obbligato ad informare immediatamente i genitori dei responsabili e a prendere adeguati provvedimenti disciplinari di carattere educativo.

Nel caso in cui la condotta di cyberbullismo commessa da un minorenne di almeno 14 anni, nei confronti di altro minorenne, integri anche il reato di diffamazione, minaccia, o trattamento illecito di dati personali, la vittima ha la facoltà di scegliere una di queste due alternative:

1) presentare querela e quindi avviare un procedimento penale nei confronti del responsabile (trattandosi di responsabile minorenne non ci si potrà costituire parte civile per chiedere il risarcimento dei danni nel processo penale);

2) chiedere al Questore di ammonire il responsabile: in questo caso il Questore convocherà il minore insieme ad almeno un genitore per ammonirlo oralmente e per iscritto, invitandolo a cessare la condotta e a non ripeterla.

La presentazione della querela impedisce la richiesta o la prosecuzione del procedimento di ammonimento.

Le restanti norme della legge prevedono una serie di misure per il contrasto del fenomeno de quo.

Ogni istituto scolastico sarà tenuto a nominare tra i propri insegnanti un referente con il compito di coordinare le iniziative di prevenzione e contrasto al cyberbullismo.

La Giurisprudenza – La Sentenza 28623/17 depositata dalla quinta sezione penale della Corte di Cassazione, in data 8 giugno, pone una nuova e significativa pietra miliare nella lotta al fenomeno del bullismo e del cyberbulismo.

La Suprema Corte lancia un segnale forte e risoluto che intende porsi con una strategia netta e decisa nei confronti dell’odioso comportamento assunto, sempre più spesso, da giovani e ragazzi, anche poco più che bambini, che animati dallo spirito del branco, rendono infernale la vita delle loro vittime, compiendo ogni genere di abusi e di sopraffazioni nei loro confronti.

L’attualità e la gravità del fenomeno hanno indotto la Cassazione ad assumere un comportamento durissimo e inequivocabile. La conferma di condanne inflitte nei gradi precedenti di giudizio, a carico di quattro minorenni che avevano posto in essere numerosi e sistematici episodi di bullismo e di vero e proprio stalking nei confronti di una vittima indifesa e succube, segna un nuovo punto di riferimento giurisprudenziale per affrontare i continui e reiterati episodi di bullismo di cui le scuole sono traboccanti.

E’ un fenomeno attualissimo e che va combattuto addirittura al costo di portare conseguenze esemplari per i ragazzi, anche giovani e minorenni, che perpetrano tali comportamenti.

La giurisprudenza di merito, intervenuta di recente sul tema, ha escluso il dovere generale di sorveglianza e di controllo in capo al gestore, al punto da integrare una responsabilità solidale per tutti i comportamenti tenuti dagli utenti lesivi degli altrui diritti, nonostante l’Internet Provider abbia specifici obblighi giuridici in favore dei propri iscritti.

Il Tribunale di Sulmona (sez. civile, sentenza 9 aprile 2018, n. 103) ha accolto la richiesta di risarcimento danni avanzata una coppia di coniugi, genitori di una minorenne, in conseguenza agli illeciti, riconducibili ad episodi di cyberbullismo, commessi ai danni della figlia ad opera di suoi coetanei.

In particolare il giudice abruzzese ha sancito la responsabilità per “culpa in educandoex art. 2048 c.c. dei genitori degli autori dei fatti illeciti.

Questi ultimi, ritenuti colpevoli di avere offerto e ceduto ad altri minori, senza alcuna autorizzazione, materiale pedopornografico (una fotografia della vittima senza indumenti) mediante l’utilizzo del proprio telefono cellulare, e di avere pubblicato il suddetto materiale all’interno di un falso profilo Facebook.

Tali condotte, lesive di interessi attinenti la sfera della persona, costituzionalmente rilevanti e protetti dall’art. 2 della Costituzione, quali il diritto alla riservatezza, alla reputazione, all’onore, all’immagine, comportano l’obbligo per i genitori dei cyberbulli(sul presupposto del loro mancato assolvimento dei propri obblighi educativi e di controllo sui figli) di risarcire i danni non patrimoniali conseguiti dalla vittima e dai suoi familiari.

FONTE: Disegno di legge n. 3139-B approvato il 17 maggio 2017. Immagine: Francisco Gonzales (Unsplash)

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