Niente è così difficile come non ingannare sé stessi
Gli esperimenti di dissonanza cognitiva indicano quanto facilmente è manipolabile la mente umana: “le persone generalmente credono che non si dovrebbe mentire, a meno che non ci sia una buona ragione per farlo”. Paradossi sociali e autogiustificazioni.
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La teoria della dissonanza cognitiva è stata elaborata da Festinger, dopo che questo psicologo aveva fatto un esperimento con Carlsmith nel 1959. Festinger e Carlsmith fecero in modo che alcuni svolgessero due compiti manuali molto noiosi della durata di un’ora e poi venissero pagati un dollaro per mentire a un’altra persona (complice degli sperimentatori), dicendo che i compiti erano divertenti, mentre altri individui facevano lo stesso, ma ricevevano la ricompensa di venti dollari per mentire.
Alla fine gli sperimentatori chiedevano ai soggetti se i due compiti erano noiosi oppure no. Ebbene i soggetti che avevano ricevuto un dollaro dichiararono che i compiti erano effettivamente divertenti a differenza degli individui che avevano ricevuto venti dollari, che a sua volta sostennero che quei lavori manuali erano davvero noiosi.
Secondo Festinger si era creata una dissonanza, cioè una incoerenza tra atteggiamento e comportamento e ciò aveva creato un’emozione spiacevole, uno stato di tensione interna, che i soggetti cercavano di ridurre o eliminare cambiando atteggiamento nei confronti di una cosa inizialmente non preferita, non desiderata, non piaciuta.
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Secondo Festinger i soggetti cercherebbero un equilibrio emotivo e cognitivo. Gli studiosi Sergio Della Sala e Michaela Dewar nel loro libro “Mai fidarsi della mente” (Laterza, 2011) così commentano efficacemente l’esperimento:
“C’è una spiegazione molto semplice per questi risultati: le persone generalmente credono che non si dovrebbe mentire, a meno che non ci sia una buona ragione per farlo”.
Quando si descrive la dissonanza cognitiva si fa l’esempio della favola della volpe e dell’uva, che riduce la dissonanza di non poter mangiare l’uva dicendo che è acerba, oppure si cita il caso del fumatore, che continua a fumare, nonostante i medici gli dicano che il fumo provoca il cancro, il quale riduce la dissonanza, pensando che nella storia della sua famiglia tutti erano fumatori e nessuno si è ammalato di tumore.
Altro esempio possibile è quello di chi ha fatto il militare in un posto molto lontano da casa e ritiene utile, formativo quel periodo, anche se lo ha fatto controvoglia, a suo tempo lo riteneva inutile e ne aveva sofferto psicologicamente. Oggi si parla di dissonanza, ma un tempo si definiva questa razionalizzazione. In fondo gli esseri umani non razionalizzano continuamente? Razionalizzare non è patologico, ma è fisiologico.
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H.Hesse sosteneva che la vita in sé non ha alcun senso, ma siamo noi che dobbiamo attribuirle un senso ed è quello che facciamo continuamente. Secondo la teoria delle gestioni delle impressioni ideata a onor del vero da Goffman ma messa a punto in questo ambito da Schlenker, concorrente a quella della dissonanza di Festinger, le persone cercano di apparire coerenti agli occhi altrui: dipenderebbe perciò dalla desiderabilità sociale e dal dare una buona immagine di sé.
Secondo un’altra teoria concorrente, cioè quella dell’autopercezione di Bem, i soggetti inferirebbero il proprio atteggiamento dal comportamento assunto, sarebbero quindi dei ricercatori di razionalità. Questa teoria è controintuitiva perché presuppone che i soggetti agiscano in modo inverso da quello che fanno di solito, dove hanno dei comportamenti in base ai loro atteggiamenti. Detto in parole molto povere secondo Bem se io ho svolto quel compito e ho detto che è interessante è perché lo ritenevo interessante col senno di poi.
L’esperimento di Festinger è stato replicato molte volte, sono state fatte delle variazioni riguardanti la poca o molta libertà di scelta dei soggetti, il comportamento del soggetto complice a cui le persone dovevano dire la bugia sui compiti, etc etc. I risultati hanno confermato la bontà della teoria della dissonanza di Festinger. Comunque tutte le teorie a riguardo sono spiegazioni molto plausibili di un paradosso, che ancora oggi non sappiamo con certezza fino a che punto è interiore o esteriore, mentale o sociale. Fino a oggi infatti nessun psicologo è stato in grado di dirci se i soggetti si autogiustificano o se si giustificano di fronte agli altri e neanche eventualmente da quali fattori dipenda la convinzione propria o la manipolazione altrui, l’autogiustificazione oppure la giustificazione sociale. Insomma i soggetti dell’esperimento di Festinger si autoingannano, ingannano gli altri oppure entrambe le cose? Come scriveva Wittgenstein in “Pensieri diversi”:
“Niente è così difficile come non ingannare sé stessi”.
Photo by Sander Sammy on Unsplash
Bibliografia: Bem, DJ, 1972, Teoria dell’autopercezione. In L. Berkowitz (a cura di), Advances in Experimental Social Psychology, (6a ed.). New York, NY: accademico; Festinger, L, 1973, Teoria della dissonanza cognitiva, Milano, Angeli; Goffman, E, 1969, La vita quotidiana come rappresentazione, collana Biblioteca, Il Mulino
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Nato a Pontedera nel 1972. Si è laureato in psicologia con una tesi sul mobbing. Nel 2000 ha partecipato al comitato antimobbing della CGIL toscana. È socio onorario a vita della A.S.A.M University dal 2004 per la sua competenza sul mobbing. Collabora ad Agoravox (quotidiano online), a Sololibri.net, ad Alessandria Today, a Alessandria online, a Word Shelter, al Mago di Oz e saltuariamente anche ad altri siti. Ha un blog sul sito letterario Letteratour e uno su WordPress. È articolista su Il post scriptum (testata giornalistica online). Ha collaborato al Corriere di Puglia e Lucania e a Il Corriere Nazionale (testate giornalistiche online). Ha collaborato al magazine ‘900 letterario. Ha scritto recensioni per Atelier poesia. In passato ha scritto poesie pubblicate su riviste letterarie, literary blog, antologie non scolastiche. Scrive saggi brevi, articoli, recensioni, aforismi, riflessioni. Si occupa di psicologia, di attualità, di poesia contemporanea, di umanesimo contemporaneo, di scrittura.
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