Movimenti e colori: Gianluigi Toccafondo


Quando l’animazione italiana aveva ancora una identità culturale e faceva scuola. Storia di un maestro geniale della “corrente neopittorica”. La grafica pubblicitaria, i cortometraggi e le giostre cromatiche, tra Pinocchio, maiali, assassini, ombre dense e angeli.

Se tutti ricordiamo il boom dell’animazione commerciale italiana quando nel secondo dopoguerra il Carosello riecheggiava sugli schermi televisivi italiani, oggi il grande pubblico ha difficoltà a identificare una scuola nostrana.

Infatti se negli ultimi anni si stanno aprendo nuovi scenari grazie a film come “L’arte della felicità” di Alessandro Rak e “L’invasione degli orsi in Sicilia” di Lorenzo Mattotti, l’industria cinematografica italiana manca oggi di quella competitività che ha conferito visibilità internazionale a maestri come Bruno Bozzetto.

Non bisogna però trascurare il movimento artistico della “corrente neopittorica”, che dagli anni ’80 ha saputo rilanciare la nostra visibilità sul mercato internazionale attraverso una vera e propria rinascita del settore. Se la comune espressione pittorica di un gruppo di artisti ha permesso di creare nuovamente un’identità culturale, possiamo rinvenire una comunanza intellettuale (più concettuale che di genere) con gli esperimenti della musica cromatica dei fratelli Arnaldo e Bruno Ginnanni Corradini, meglio conosciuti con gli pseudonimi di Ginna e Corra. Proprio l’accento sulla condizione simbolista-romantica, in un’ottica più metaforica e spirituale, enfatizza la continuità tra la tradizione del passato e la moderna corrente in Gianluigi Toccafondo, uno degli esponenti di spicco della corrente neo-pittorica.

Uno dei temi più evidenti nella sua produzione è quello della fuga, inteso dall’artista come strumento di memoria interiore che se da un lato permette di allontanarsi verso orizzonti sconosciuti, dall’altro rappresenta il punto di ritorno verso la propria dimensione vissuta e abbandonata a giacere indistinta nella memoria della vita che fu. Questo bisogno di tensione esistenziale assume sia i contorni di una visione simbolista tardo-ottocentesca che più materica e fisica nel flusso già evidenziato della continua trasformazione.

Toccafondo (San Marino, 1965), sin dai suoi primi lavori nel campo della grafica e della pubblicità, ha dimostrato il suo valore per stile e originalità: solo per citare alcuni esempi, l’animazione per la famosa campagna pubblicitaria televisiva di Sambuca Molinari era sua, come pure il logo e il marchio commerciale della società di produzione cinematografica Fandango e le copertine dei libri per gli editori allegati, nonché i marchi/loghi per programmi televisivi noti come Evans e Tunnel.

Dalla grafica pubblicitaria, Toccafondo si sposta ben presto alla realizzazione di cortometraggi artistici, la cui prima fonte d’ispirazione fu l’opera in ceramica del padre, che sin da piccolo gli aveva permesso di cogliere la bellezza di una forma in movimento e la sensazione estetica che emana la trasformazione del passaggio da una figura all’altra.

Tale influenza risulta ben chiara nella continua metamorfosi delle figure che, fotogramma dopo fotogramma, si allungano e si riformano conferendo ai suoi film un’eccezionale dinamismo. L’artista, peraltro, non aveva una chiara passione per il cinema d’animazione tant’è che animatori come Alexandre Alexeieff, Jan Svankmajer, i fratelli Quay e Jurij Norstein saranno da lui scoperti solo dopo la realizzazione dei primi corti, grazie alla partecipazione ad alcuni festival d’animazione nei quali erano stati selezionati i suoi corti; al contrario una più generica passione per il cinema era già presente, specialmente verso un ricercato cinema d’autore (Luis Bunuel, Fritz Lang, Buster Keaton, …).

Per i suoi cortometraggi Toccafondo utilizza un metodo di lavoro basato sulla rielaborazione dell’immagine: raramente inizia da zero, più frequentemente usa immagini, foto o qualsiasi altra idea preesistente e la modifica per reinterpretarla attraverso un dipinto denso e allungato.  Questa sua tendenza si fa subito evidente quando, durante la sua permanenza presso lo studio di Mario Addis, incomincia a fare sperimentazione, in parallelo all’attività pubblicitaria.

E quindi il suo stile personale è già ben delineato sin dal suo debutto cinematografico, “La coda” (1989), che rielabora alcune immagini dei film di Buster Keaton, mentre per il suo lavoro successivo, “La pista” (1991, in collaborazione con Simona Mulazzani), prende ispirazione da alcune immagini di Ginger e Fred di Fellini. Sebbene apparentemente simile, l’approccio tra questi primi due corti mostra delle importanti differenze: in “La coda” l’analisi di Toccafondo si concentra principalmente sul rapporto del corpo nello spazio, enfatizzandone il movimento e completandone parti mancanti della fotografia; invece, in “La pista”, il suo lavoro parte dalla musica, scegliendo delle battute musicali e da lì costruendo delle scene animate.

Ciò che li accomuna è il desiderio dell’artista di convogliare il movimento, inventando qualcosa di nuovo a ogni movimento tanto da perdere “in corso d’opera” l’ispirazione originale di fare tutto a sincrono per abbandonarsi a una giostra di movimenti.

Ancora una volta sarà il cinema a ispirare il cortometraggio “Le criminel” (1993), storia di un uomo che uccide per istinto, che suggerisce un’atmosfera che ricorda il genere noir, omaggiando i film americani da “M, il mostro di Dussendorf” a “Scarface”. “Le Criminel” enfatizza la passione di Toccafondo per la grafia quale segno pittorico: se in “La pista” i numeri sono una mera sovrapposizione di immagini e ambiti diversi, adesso vengono invece usate per enumerare le figure che hanno tutte un volto rappresentato da un codice, conferendo maggiore dinamismo alle scene in cui tutti si muovono continuamente alla ricerca della figura criminale.

La sua tecnica comincia a cambiare verso un nuovo approccio che sarà più evidente in “Pinocchio” (1999), in cui l’artista racconta alcuni episodi delle avventure del burattino secondo uno stile che si stacca completamente dalla tradizione grafica della favola, affermando definitivamente la straordinaria originalità del suo lavoro. La figura di Pinocchio assume dei riferimenti biografici, simboleggiando il periodo della malattia del padre di Toccafondo, e quindi le sue riflessioni sul rapporto tra un figlio e un padre, e rievocando quando da bambino creava dei pupazzi di creta insieme al padre. E’ plausibile che proprio questo richiamo alla creazione l’abbia spinto a inserire la figura di Pinocchio anche in “La pista” dove sono già presenti le orecchie, la coda e il lungo naso.

E ancora, collegati alla letteratura, abbiamo “Essere morti o essere vivi è la stessa cosa” (2000), con le immagini e le parole di Pier Paolo Pasolini quale omaggio per celebrare il venticinquesimo anniversario della morte del regista e scrittore friuliano. Attraverso una serie veloce di schizzi pittorici, l’autore racconta il pessimimo di Pasolini, e soprattutto evidenzia come tutta la sua opera sia intrisa dell’idea della morte quasi fosse un presagio: è qui che emerge il lato oscuro di Toccafondo, attraverso un riferimento sempre meno velato all’Art Brut con un tratto tra il comico e il grottesco, che citerà come fonti d’ispirazione Edvard Munch “le ombre dense come pozzanghere di pece, i contorni ondeggiati delle figure”, Osvaldo Licini “i paesaggi evocati da una semplice linea, gli angeli” e Mario Schifano “perché quando dipingi su delle fotografie il riferimento è quello, non si scappa”.

Un lato più personale viene mostrato nei suoi ultimi cortometraggi animati “La pista del maiale” (1992), “una specie di documentario sulla vita di un maiale rielaborata in chiave leggendaria” come lo definirà lo stesso Toccafondo, e “La piccola Russia” (2003), basati su idee autobiografiche e rurali. In ciascuno di questi film assistiamo a una continua trasformazione di un fotogramma in un altro, ma allo stesso tempo rimane la straordinaria forza espressiva del singolo fotogramma, rendendo l’opera di Gianluigi Toccafondo una straordinaria unione tra cinema e pittura.

Tuttavia, con questi cortometraggi, in particolare con “La pista del maiale” assistiamo a uno stacco del suo usuale registro stilistico: Toccafondo, infatti, incomincia a ridurre il citazionismo spostando la sua ricerca su specifici elementi attraverso una ripresa dal vivo. “La pista del maiale” affonda però nella memoria dell’artista, alle tradizioni, che l’artista sentiva narrare da bambino, su come venissero uccisi i maiali. Forse pure per questo il maiale risulta essere un elemento ricorrente della produzione pittorica di Toccafondo che passò giornate a osservarne la vita, ridotta a uno spazio minuscolo dove in una diagonale si costruiva tutta la vita.

Ambiziosa e complessa risulta “La piccola Russia”, la sua opera più intimista, che senza alcuna motivazione sociale vuole denunciare una politica di favole sulle illusioni in quel territorio del centro Italia “La piccola Russia”, tra le Marche e la Romagna, tra l’Appenino e il mare Adriatico, caratterizzato da una forte presenza comunista. E così all’interno di questa cornice storica Toccafondo descrive brevemente la storia di un luogo e di un personaggio per tutto l’arco della sua vita. 

Il suo stile risulta sempre più forte e raffinato, infine, nel suo ultimo corto “Briganti senza leggenda”, storia di due ingenui briganti che cercano di derubare una coppia di anziani contadini, i quali però stanchi di essere raggirati, decidono di vendicarsi, architettando un piano diabolico e efficace.

Segui Rubrics alla Pagina FBwww.facebook.com/rubrics.it

e segui su Instagramwww.instagram.com/rubrics.it


4 Comments

  • Hidden Hills property with mountain and city views boasts nine bed rooms, including a big master suite with private terrace and an entertainment wing

  • Lopez has reportedly added to her real estat holdings an eight-plus acre estate in Bel-Air anchored

  • Struggling to sell one multi-million dollar home currently
    on the market won’t stop actress and singer Jennifer Lopez from expanding her property collection

  • Hidden Hills property with mountain and city views boasts nine bed rooms, including
    a master suite with private terrace

Comments are closed.