“MAESTRA, CHE ORE SONO?”
Una semplice domanda del bambino stimola riflessioni sul tempo che scorre, tra scuola, videogiochi online e la ripetitività della vita.
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Luca è un bambino di 10 anni. Pone questa domanda tante volte nel corso della mattina in classe a una delle maestre, o a me. Io ogni volta sorrido, giro il polso e gli mostro l’orologio dicendogli:
“Dimmelo tu”
Così lui fa lo sforzo di guardare quadrante e lancette per scoprirlo, piuttosto che
vedere l’orario su uno smartphone, che a scuola, chiaramente, non ha a portata di mano.
Questa simpatica scena di vita si ripete circa 6 volte al giorno.
Luca è un bambino che vive l’attesa, non vede l’ora che arrivi la ricreazione, e brama, forse anche di più, il momento dell’uscita da scuola. L’ora in cui sarà libero di giocare a calcetto, sua grande passione, o di correre con la bici in giro per la città.
Racconto questa brevissima storia di vita perché mi ha fatto riflettere sulla grande figura dell’ATTESA.
Luca studia, scherza coi compagni, fa qualche monelleria, e intanto attende… e tiene il conto del tempo che passa.
Perché lo fa? Mi sono chiesta.
Perché ognuno di noi lo fa?
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Trovare risposte a queste, apparentemente banali, domande è cosa non facile. A volte mi sembra impossibile.
Me ne viene in mente una mentre mi trovo in classe e osservo silenziosa ciò che accade nel gruppo dei pari e nel rapporto tra adulto e bambino…
Magari Luca si sente più sicuro sapendo che, anche se non può avere il controllo del tempo che passa, può essere consapevole del suo fluire?
Forse un bambino di soli 10 anni, ponendo e riproponendo una domanda noiosa e, a tratti fastidiosa, mette inconsapevolmente me, l’adulto, di fronte alla ripetitività delle vita.
Coazione a ripetere, direbbe Freud, che a volte è abbrutente per tutti noi comuni mortali.
I bambini possono insegnare tanto, Luca insegna quanto prezioso sia vivere l’attesa, stare nel qui e ora. E mi ricorda che, pur non potendo interrompere il flusso del tempo, non potendo mettere pausa, premere rewind o fast forward, esiste la possibilità di fare del tempo che va avanti, qualcosa di creativo e di bello.
E’ un momento storico, quello della dimensione multimediale, dei social networks, dei virtual game worlds, in cui è inammissibile indugiare, poiché tutto scorre repentinamente e non è consentito fermarsi.
La domanda di un bambino stimola la mia curiosità e il mio pensiero sull’evento dell’attesa, sul modo in cui la si può accogliere sentendone il pieno significato.
Concludo con una massima di Kierkegard che mi è venuta in mente:
“L’esistenza passata viene ad esistere ora”.
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Immagine: dell’autore
1988, palermitana. Psicologa clinica e di comunità, psicoterapeuta interpersonale e di gruppo. Iscritta all’Ordine degli Psicologi della regione Sicilia. Svolge la libera professione nello studio privato a Palermo e on-line. Da diversi anni collabora con le istituzioni scolastiche del capoluogo siciliano.
E-mail: dott.ssabarbarabarletta@gmail.com – FB: www.facebook.com/dott.ssabarbarabarlettapsicologo