L’atlante del gusto è online, thesifter.org (con ricetta)
Un archivio sorprendente, con alla nascita 130.000 voci e 5.000 testi, contenente la storia della gastronomia occidentale. La cucina esalta l’intelligenza della mano, la gastronomia ne disciplina l’inventiva e thesifter.org ne ‘setaccia’ la tradizione [in coda articolo, una ricetta: Crema fiorentina]
Il 10 luglio 2020 ha visto l’upload del database enciclopedico partecipativo thesifter.org, opera monumentale di Barbara Ketcham Wheaton, già curatrice della Schlesinger Library Culinary Collection presso l’Università di Harvard.
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La piattaforma conta all’atto di nascita oltre 130.000 voci e più di 5000 testi della gastronomia europea e americana catalogati in cinquant’anni di ricerca. Un poliedrico strumento per esplorare la storia del cibo ed implementarla in modalità crowdsourcing, nonché avvincente intersezione di testimonianze capace di sfruttare l’attitudine irrinunciabile dei sapiens per la narrazione.
L’innovazione della Wheaton non risiede nell’aver digitalizzato uno smisurato compendio di ricette e testi di cucina, bensì nell’aver stilato un’opera storiografica con un approccio scientificamente accurato che delinea con precisione chirurgica i contorni di un atlante della storia culinaria secondo ingredienti, tecniche, autori e titoli.
Applicando la metodologia pragmatica appresa durante gli studi universitari in storia dell’arte, ai testi di cucina consultati fin dai primi anni ’60 presso la biblioteca personale di Julia Child (sua vicina di casa a Cambridge, Massachusetts) e la collezione Schlesinger, la studiosa ha aperto una riflessione su gender, lavoro, tendenze e prestigio connessi al cibo, nonché sulla memorabilità retroattiva delle pietanze, perpetuata di generazione in generazione quale capitale culturale.
In thesifter.org la ricerca avviene secondo parole chiave, categorie e filtri forniti dal database, che elabora una lista di risultati ordinati in tabella per: titolo, autore, anno e luogo di pubblicazione, lingua originale (ve ne sono circa 150), demandando all’utente l’incrocio dei dati fra i documenti censiti. La versatilità di spaziare nei secoli tra medicina, architettura, storia, antropologia, agraria e letteratura.
E’ possibile, ad esempio, risalire alla prima volta che il cioccolato è stato inserito in un ricettario quale ingrediente e non come bevanda, ovvero in Cuisinier roial et bourgeois di Massialot nel 1691.
Oppure si può rintracciare la prima raccolta di menù di “cucina mediterranea”, redatti secondo la stagionalità mensile degli ingredienti, ossia Il Cuoco Galante di Corrado Vincenzo pubblicato nel 1773.
Questo ipertesto corale dalla grafica volutamente scarna, nobilita la cucina in quanto grammatica alimentare con cui ogni società trasforma scientificamente la natura in nutrimento ed esalta la gastronomia quale sublimazione estetica della tecnica manuale con cui ogni cuoco distilla il sincretismo culturale in piacere sensoriale.
Vengono così a cadere due ingenui e fittizi assunti del XX secolo: da un lato lo studio della cucina come ars minor e strumento di oppressione femminile, poiché la competenza culinaria, sin dal Rinascimento, ha costituito garanzia d’indipendenza economica ed elevazione sociale; dall’altro il manicheismo fra cucina (tradizionale, folklorica, luculliana) e gastronomia (creativa, elitaria, qualitativa), dal momento che ambedue mirano alla qualità alimentare ed al piacere fisiologico più che alla semplice ‘buona tavola’.
L’immenso corpus bibliografico testimonia inoltre che, analogamente a quanto avviene nel sacro, è la trascrizione a conferire una dimensione commemorativa ai riti manducatori, la cui esistenza acquista così eminenza e garanzia di sopravvivenza ad ogni nuova ripetizione.
Pertanto ogni ingrediente, al di là del valore nutritivo, risulta chiamato inevitabilmente ad alludere sia a un codice sinestetico che si renda intelligibile a fronte di una sedimentazione temporale più o meno durevole e largamente condivisa, sia al godimento raffinato, denso di contenuti simbolici, che distingue la mera ingestione dall’arte.
Grazie al lavoro della Wheaton dunque, le ricette e le pratiche di consumo ad esse correlate, da sempre vincolate ad una società che equipara il visibile al reale (mostrare = narrare), si estrinsecano in autentica architettura della visione oltre che del palato, mappa semiotica fra produttore e consumatore.
Un paradigma artistico effimero (in quanto edibile) e riproducibile (poiché replicato pressoché in serie quotidianamente) di un flusso ininterrotto di rappresentazioni polisemiche/polisegniche, in grado di condensare e trasmutare prescrizioni e procedure in spazi concettuali di espressione/percezione, ossia di veicolare memorie, documentare realtà, guidare scelte sociali, tracciare traiettorie dello sguardo e del pensiero.
RICETTA: crema fiorentina
Dalla storia della gelateria, ecco una rivisitazione della Crema fiorentina, ricetta cinquecentesca d’incerta paternità a base di latte crudo, uova e miele.
- 500 ml Latte fresco intero
- 100 ml Panna fresca
- 120 gr Tuorlo fresco (circa n.6)
- 40 gr Miele di Castagno
- 160 gr Zucchero semolato
- 2 gr Sale fino
- 1 n. Limone (zeste)
In un recipiente sbattere con una frusta i tuorli e lo zucchero sino ad ottenere un composto spumoso, quindi unire gradatamente il latte, la panna e mettere sul fuoco a fiamma media; continuare a mescolare aggiungendo il miele, il sale, le zeste di limone e portare il composto alla temperatura di
85°C. Frullare la miscela ottenuta con un mixer ad immersione e, una volta fredda, versarla in gelatiera.
- 100 ml Latte fresco intero
- 200 gr Zucchero semolato
- 20 gr Farina di riso
- 30 gr Mandorle grezze
- 30 gr Armelline
- 125 gr Burro fuso
Tritare finemente mandorle, armelline e zucchero fino ad ottenere una polvere; in una ciotola mescolare con una frusta la polvere di frutta secca, la farina, il latte, da ultimo il burro e
amalgamare con cura; conservare in frigorifero per 2 ore, poi, con l’aiuto di una spatola, stendere uniformemente il composto su di una placca foderata di carta da forno e cuocere a 180°C per 15 minuti circa in forno statico preriscaldato. Sfornare, ritagliare nella pasta dei triangoli isoscele allungati e conferire, ancora caldi, la forma a torciglione.
Servire il gelato con le cialde all’amaretto.
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“𝐖𝐚𝐫𝐝𝐨𝐠” è l’autore sotto pseudonimo che ci testimonia progetti e retroscena del mondo enogastronomico: dallo 𝐬𝐟𝐫𝐮𝐭𝐭𝐚𝐦𝐞𝐧𝐭𝐨 𝐝𝐞𝐢 𝐥𝐚𝐯𝐨𝐫𝐚𝐭𝐨𝐫𝐢, ai vari tipi di caporalato, ai progetti divulgativi. E’ intervenuto al 𝐩𝐫𝐞-𝐒𝐮𝐦𝐦𝐢𝐭 𝐎𝐍𝐔, o ospite al 𝐒𝐈𝐆𝐄𝐏 (il più importante evento del dolce) e presenza fissa allo Sherbeth, il festival internazionale del gelato artigianale, oltre all’attività divulgativa coi volontari nel 𝐝𝐞𝐬𝐞𝐫𝐭𝐨 𝐚𝐟𝐫𝐢𝐜𝐚𝐧𝐨 che formano cuoche nei 𝐜𝐚𝐦𝐩𝐢 𝐩𝐫𝐨𝐟𝐮𝐠𝐡𝐢.
Laurea in Design e Arti visive allo IUAV, master IED in Curatore museale e di eventi performativi, si dedica all’arte contemporanea lavorando presso gallerie private, la Biennale di Venezia, il Festival Inequilibrio, lo spazio Carlo Scarpa alla Fondazione Querini Stampalia; parallelamente, dal 2012, approfondisce la passione per la gastronomia, consegue la qualifica professionale di pasticcere e panificatore, si specializza in gelateria presso CastAlimenti e l’Università dei Sapori di Perugia, intraprende un’intensa gavetta fra rinomati laboratori pasticceri in Veneto, Campania e Lazio, culminata nella collaborazione pluriennale con premiati maestri 3 coni GamberoRosso in Sicilia prima e Toscana poi. Email: chef.wardog@gmail.com