L’arena del social food marketing
Le grandi multinazionali e i sospetti di pubblicità occulta, tra serie tv e influencer. Da Fedez alla Coca-Cola, passando per i MeControTe alla McDonald’s. La giornata mondiale dell’alimentazione ci ricorda che la manipolazione social passa anche per il food [in coda, ricetta: float coke]
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Il 16 ottobre si celebra la giornata mondiale dell’alimentazione, istituita per riflettere su salute, sostenibilità, filiera e cultura, ovvero i quattro cardini alla base di un piatto. Tuttavia, da circa un secolo, nel processo di valorialità ha assunto un ruolo preponderante il marketing che, fra le sue armi più efficaci annovera il product-placement. Si tratta di una forma di comunicazione in cui i prodotti di marca vengono posizionati in modo apparentemente naturale in una struttura narrativa preesistente (film, serie tv, video musicali ecc.) in cambio di un corrispettivo monetario.
Tale tecnica garantisce, rispetto all’advertising tradizionale, visibilità ed efficacia promozionali elevati nell’influenzare il pubblico, dal momento che il messaggio, non essendo inserito negli appositi break ma all’interno di una trama, rende solitamente lo spettatore inconsapevole dell’intento pubblicitario.
In particolare, a differenza del comune spot dove la fonte del messaggio è immediatamente individuabile e dunque riconoscibile quale proposta commerciale, nel product placement l’utente non è portato ad identificare l’impresa inserzionista come fonte del messaggio, ma l’attore/cantante che ha fatto uso del prodotto con conseguente effetto emulatorio.
Se questa è la teoria scolastica, nella pratica non occorre esser dei cinefili incalliti, per citare Jerry Calà in “Operazione vacanze” che in un villaggio turistico omaggia il Grana Padano, oppure James Bond che rinuncia al Martini per bere una birra Heineken in “Skyfall”, o ancora Undici ghiotta di Eggo Waffles in “Stranger Things”, o l’onnipresente Cheesecake Factory in cui lavora Penny e si ritrovano spesso a cena i protagonisti di “The big bang theory”. Attraverso tali scene una certa cultura pop, figlia della zuppa Campbell’s di warholiana memoria, ha trovato posto nelle nostre menti passando per gli schermi tv. Sin qui tutto in regola ma c’è chi va ben oltre.
L’11 giugno è uscito il singolo “Mille” a firma Fedez con la collaborazione di Achille Lauro e Orietta Berti, ove i riferimenti alla Coca-Cola si palesano nella rappresentazione visiva della celebre bibita (presente in una scena del videoclip costruita ad hoc ed ambientata a bordo piscina in un’atmosfera anni ‘60) e nella sua citazione verbale nel ritornello.
Come da manuale il Codacons ha accusato di pubblicità occulta il cantante, amplificando inconsapevolmente per giorni la diffusione del brano (che solo su YouTube ha superato i 26 milioni di visualizzazioni in appena 4 settimane), ma ecco che la multinazionale improvvisamente si desta e l’11 luglio, ovvero il giorno della chiusura degli Europei di calcio (per altro vinti dall’Italia) in cui figurava tra gli sponsor ufficiali (balzato più di altri agli onori della cronaca grazie al gesto provocatorio del calciatore Ronaldo che durante un’intervista ha platealmente sostituito l’iconica bibita con una comune bottiglia d’acqua con conseguente polemica), lancia lo spot del nuovo design Coca-Cola Zero utilizzando proprio il ritornello incriminato quale base sonora, di fatto ufficializzando la partnership e vanificando l’esposto all’Antitrust e allo IAP.
Ma a sconcertare è stato il comunicato stampa in cui l’azienda racconta la sua innocente versione dell’accaduto secondo cui: “Se Fedez ha voluto celebrare il colore del brand nella canzone che segnerà l’estate 2021, Coca-Cola decide, a sua volta, di ringraziare Fedez, utilizzando il ritornello del singolo all’interno della propria campagna estiva”.
Insomma tutto casuale cari comuni mortali, poco importa se lo spot esce con una timeline tutt’altro che casuale rispetto al singolo o che il rapper abbia già all’attivo una collaborazione con Nescafè per il videoclip della canzone “Piccole cose” (firmata con J-Ax e Alessandra Amoroso) o che sua moglie, la regina dei social Chiara Ferragni, sia la star di fruttuose campagne marketing nel beverage con acqua Evian (2018) e caffè Nespresso (2021). Quella degli influencer per il food placement però sembra una vocazione comune.
Con quasi 6 milioni d’iscritti al loro canale YouTube, i MeControTe sono non soltanto gli idoli social della fascia 3-12 anni, ma degli appassionati cultori di McDonald’s. I simpatici Luì e Sofì, con la loro narrazione entusiasta e a misura di bambino, inseriscono fin troppo frequentemente la pubblicità della catena di fast-food in decine di video colorati, challenge, mukbang e unboxing, veicolando un messaggio discutibile ad un target ingenuo e influenzabile.
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Va precisato, per dovere di cronaca, che McDonald’s Italia ha dichiarato di non collaborare con i MeControTe e di aver aderito a EU Pledge (standard europeo di condotta che norma in modo stringente la comunicazione ai minori di 12 anni), tuttavia di fatto non ha neppure intrapreso alcuna azione concreta che limitasse la presenza reiterata dei suoi prodotti nei summenzionati video.
Per altro va considerato che nessuno dei giganti di fast-food e soft-drink è estraneo a endorsement promozionali rivolti ai giovanissimi (si pensi a Kentucky Fried Chicken col calciatore Cristiano Ronaldo, McDonald’s col rapper Travis Scott, RedBull col gaming influencer Ninja, DrPepper coi personaggi di Fortnite, solo per citarne alcuni) senza contare che Facebook ha una divisione marketing di supporto strategico per CocaCola, Unilever e Nestle, oppure che Google organizza regolarmente showcase per Pepsi e McDonald’s, o che Twitch, piattaforma gaming a marchio Amazon, ha trasformato la sua MOBA (multiplayer online battle arena) nel paradiso del product placement per snack e soft-drink con tanto di “never-stop-gaming-menu” in combo con Uber Eats. Di fatto i colossi del food&beverage stanno sviluppando database dettagliatissimi diligentemente suddivisi per gruppo etnico, battezzati Consumer DNA, e trasformando loro stessi in Big Data business.
Promuovere un’alimentazione corretta e sana nella zona grigia della deregolamentazione pubblicitaria concessa ai social, che molto spesso associano il consumo di junk-food a pratiche comportamentali d’inclusione (come evidenziato anche in uno studio belga dell’Institute for Media Studies di Leuven e del Department of Communication Sciences di Antwerp, sul ruolo dei social media nelle abitudini alimentari di bambini e adolescenti i cui esiti sono stati pubblicati nell’articolo “What Do Adolescents See on Social Media? A Diary Study of Food Marketing Images on Social Media” pubblicato su Psychology del 22 novembre 2019), spetta più che mai all’etica di aziende ed influencer, che dovrebbero tener bene a mente come il loro pubblico conti ANCHE una generazione istruita e consapevole che ha dato i natali a radicali del calibro dell’attivista Greta Thunberg, il Nobel per la pace Malala Yousafzai o la parlamentare Ofelia Fernandez e che – si spera! – non resterà silenziosamente inerme succube di uno schermo.
RICETTA: float coke
Direttamente dagli anni ’60 la float coke, ovvero la versione brandizzata del raffinato dessert francese iles flottant.
- 700 ml latte intero
- 125 ml panna fresca
- 300 gr zucchero semolato
- 5 gr farina di semi di carrube
- 2 gr sale fino
- 1 bacca di vaniglia
- 3 cubetti di ghiaccio
- q.b. CocaCola
In un recipiente sbattere con una frusta lo zucchero, la farina di semi di carrube, il latte, la panna e mettere sul fuoco a fiamma media; continuare a mescolare aggiungendo il sale, la vaniglia e portare il composto alla temperatura di 85°C. Eliminare la bacca di vaniglia, frullare la miscela ottenuta con un mixer ad immersione e, una volta fredda, versarla in gelatiera.
In un tumbler alto versare il ghiaccio, la bibita, aggiungere una pallina di gelato fior di latte e una cannuccia.
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“𝐖𝐚𝐫𝐝𝐨𝐠” è l’autore sotto pseudonimo che ci testimonia progetti e retroscena del mondo enogastronomico: dallo 𝐬𝐟𝐫𝐮𝐭𝐭𝐚𝐦𝐞𝐧𝐭𝐨 𝐝𝐞𝐢 𝐥𝐚𝐯𝐨𝐫𝐚𝐭𝐨𝐫𝐢, ai vari tipi di caporalato, ai progetti divulgativi. E’ intervenuto al 𝐩𝐫𝐞-𝐒𝐮𝐦𝐦𝐢𝐭 𝐎𝐍𝐔, o ospite al 𝐒𝐈𝐆𝐄𝐏 (il più importante evento del dolce) e presenza fissa allo Sherbeth, il festival internazionale del gelato artigianale, oltre all’attività divulgativa coi volontari nel 𝐝𝐞𝐬𝐞𝐫𝐭𝐨 𝐚𝐟𝐫𝐢𝐜𝐚𝐧𝐨 che formano cuoche nei 𝐜𝐚𝐦𝐩𝐢 𝐩𝐫𝐨𝐟𝐮𝐠𝐡𝐢.
Laurea in Design e Arti visive allo IUAV, master IED in Curatore museale e di eventi performativi, si dedica all’arte contemporanea lavorando presso gallerie private, la Biennale di Venezia, il Festival Inequilibrio, lo spazio Carlo Scarpa alla Fondazione Querini Stampalia; parallelamente, dal 2012, approfondisce la passione per la gastronomia, consegue la qualifica professionale di pasticcere e panificatore, si specializza in gelateria presso CastAlimenti e l’Università dei Sapori di Perugia, intraprende un’intensa gavetta fra rinomati laboratori pasticceri in Veneto, Campania e Lazio, culminata nella collaborazione pluriennale con premiati maestri 3 coni GamberoRosso in Sicilia prima e Toscana poi. Email: chef.wardog@gmail.com