La Psiche inconscia nei Testi Funerari dell’Antico Egitto
Gli antichi egiziani conoscevano ed esploravano le profondità dell’inconscio umano, definendo le fasi di quel processo di guarigione ed evoluzione che è tutt’oggi è il difficile compito delle psicoterapie. Lo studio di quelle conoscenze, lasciate ai posteri sulle pareti delle tombe faraoniche della Valle dei Re, può ancora donare ai moderni preziose informazioni.
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Quando si parla di testi funerari dell’antichità siamo portati a pensarli come l’esposizione di credenze sul destino dei defunti nell’aldilà, che si sia semplici appassionati o storici professionisti. Questo non vale affatto per tutti i testi. Alcuni di essi, infatti, hanno come soggetto narrativo alcuni stati non-ordinari di coscienza dei viventi o di coloro che sono nella fase di passaggio verso la morte.
Un esempio di descrizione di stati che appartengono tanto ai vivi quanto a coloro che sono in procinto del trapasso, è il famoso “Libro Tibetano dei Morti”. Del libro se ne interessarono negli anni ’60 anche i noti Leary, Alpert e Metzner, riconoscendo le affinità e relazioni tra gli stati ed esperienze descritte dai tibetani e certi stati non-ordinari di coscienza conseguenti all’uso di sostanze psichedeliche o di tecniche meditative. In termini di Psicologia del Profondo stiamo parlando dell’accesso all’inconscio ed ai suoi “mondi”, ovvero l’accesso alle profondità della psiche.
Nell’ambito della psicologia moderna, nata verso la metà dell’XIX° secolo, l’idea di navigare consciamente l’inconscio è stata applicata pionieristicamente da Carl Gustav Jung negli anni dieci-venti del XX° secolo, quando, in profonda crisi personale e professionale, sviluppò una tecnica di meditazione detta “immaginazione attiva”, per esplorare le radici del suo malessere.
Questa tecnica induce uno stato non-ordinario di coscienza che permette l’affioramento dall’inconscio di immagini ed elementi della psiche profonda, affinché la mente razionale possa esaminarli e processarli. Jung si impegnò in queste esplorazioni con frequenza e regolarità per circa 6 anni, traendone alcuni dei più importanti capisaldi della sua attività di psicologo e raccontandole poeticamente nel famoso “Libro Rosso”.
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In anni recenti, due importanti studiosi junghiani, Andreas Schweizer e Theodor Abt, in collaborazione col massimo esperto di religione egiziana Erik Hornug, hanno identificato similari navigazioni nell’inconscio in alcuni testi rappresentati in tombe faraoniche della Valle dei Re, risalenti a un periodo tra il XV° e il XII° millennio a.C. Se nutrissimo dubbi sulla destinazione di questi testi, basterebbe leggere il messaggio esplicito che in più punti gli egiziani ci hanno lasciato:
“E’ bene per un defunto avere questa conoscenza, ma anche per una persona sulla terra, un rimedio provato un milione di volte”
Queste navigazioni, termine supportato dalla rappresentazione di un viaggio in barca sui fiumi di questo “Oltremondo”, non sono casuali, ma sono legate ad un processo costituito da passaggi ben definiti, e con un preciso fine: il “Processo di Individuazione”, come definito da Carl Jung.
Detto in parole povere, si tratta di un processo finalizzato a rimuovere tutti gli ostacoli psicologici interni alla realizzazione ed espressione dell’individuo. Per ottenere questa realizzazione, bisogna recuperare l’energia psichica ed emozionale rimossa a causa dei traumi subiti nella crescita e dissolvere l’Ombra, cioè tutto ciò che è stato inconsciamente rigettato di se stesso dall’individuo. Il tutto permetterà di realizzare pienamente l’individuo, in altri termini, raggiungere il proprio Sé. La terapia quindi non è vista come “cura” di una malattia o di una disfunzionalità, ma come un’evoluzione dell’individuo verso la completezza.
I testi egiziani rappresentano il Sole della coscienza che a cavallo dell’Anima compie questa discesa negli “Inferi” della psiche, passando per l’esperienza preventiva di Morte dell’Ego, ovvero la distruzione di una falsa immagine di se, e affrontando il fatidico incontro dell’Ombra alla mezzanotte. Troviamo quindi illustrato con grande dettaglio il percorso definito da Jung, rimanendo stupiti e con una prospettiva sull’antichità e sull’Egitto ben diversa di quella stereotipata tipicamente ad esso attribuita.
Sono proprio questi due passaggi importanti e così ben illustrati dagli antichi egiziani, la perdita di una falsa immagine di se e l’incontro con l’Ombra, momenti delicatissimi per i loro rischi, che sono stati il centro delle attenzioni delle terapie cliniche con l’uso di sostanze psichedeliche. Proposte anche da alcuni psicologi junghiani per agevolare e proteggere il processo, e già applicate in anni precedenti ai divieti causati dalla loro diffusione al di fuori dall’ambito medico, sono state di recente approvate per la loro reintroduzione, riportando in primo piano le potenzialità di lavorare a livelli così profondi della psiche umana con gli aspetti che abbiamo descritto.
E quando il processo narrato dagli egiziani arriva al suo completamento, al dodicesimo tableau delle rappresentazioni, all’ora dell’alba del sole nascente tra le chele dello scarabeo, simbolo della trasformazione luminosa dell’individuo che ha conquistato se stesso, o per dirla come Jung, ri-conquistato quello che è sempre stato, un brivido di emozione percorrerà chiunque avrà avuto la pazienza di seguire questo racconto.
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Immagine: “Copyright@2021 Foundation of the Works of C.G. Jung”
Leary T. Metzner R. Alpert R. (1969). L’esperienza psichedelica. Manuale basato sul Libro tibetano dei Morti. – Leary T. Metzner R. Alpert R. – Sugar, Milano; Schweizer, A. (2010). The sungod’s journey through the netherworld. Reading the Ancient Egyptian Amduat. Cornell University Press, London. (First Ed. 1994, in german); Abt T. & Hornug E. (2003) Knowledge for the afterlife. The Egyptian Amduat – A quest for immortality, Living Human Heritage, Zurich
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Nato a Napoli, 1961. Ingegnere, Egittologo ed Archeologo Orientalista, laureato nelle Università di Napoli e Pisa, ha fatto parte della Missione archeologica dell’Università di Pisa in Egitto a Dra abu El-Naga, tomba tebana TT14, presso Luxor, sotto la direzione della Prof.ssa Marilina Betrò. Dal 2005 si occupa di divulgazione storico-archeologica con articoli, corsi monografici e conferenze. Come ricercatore indipendente scrive e si interessa di interpretazione storica e antropologica tramite la psicologia del profondo junghiana e post-junghiana. Le civiltà e periodi storici di interesse prevalente sono l’Antico Egitto e Mesopotamia, il Neolitico Orientale e la storia Biblica.
E-mail: massimoizzo61@gmail.com
Sito internet: http://corsi-egittologia-orientalistica.blogspot.com/
Pagina Academia: https://independent.academia.edu/MassimoIzzo