La Luna, tra cani neri e parche
O Fortuna velut Luna semper crescit et decrescit. E se uno ha la luna storta, meglio evitarlo.
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La Luna viene rappresentata nei Tarocchi di Carlo VI (fig. 1) e nei Tarocchi di Ercole I d’Este quale luminare oggetto di studi da parte di uno o più astrologi. Nei Tarocchi Colleoni Baglioni (fig. 2) troviamo una fanciulla che tiene in mano l’astro crescente. Nella Basilica di San Clemente a Roma, un affresco raffigura san Cristoforo nell’atto di traghettare il fanciullo Gesù che tiene in mano una luna piena, quale novella di luce secondo il detto di sant’Ambrogio:
“Ergo annuntiavit Luna misterium Christi”.
Nel cinquecentesco foglio Cary troviamo un’immagine completamente mutata: l’astro sovrasta con i suoi raggi un paesaggio metà acquatico e metà terrestre. Nell’acqua appare un gambero o aragosta, animali che insieme al granchio sono associati al segno zodiacale del Cancro, mentre sul terreno collinoso due costruzioni sono poste una di fronte all’altra (fig. 3).
Il Cancro è sede zodiacale della Luna, ma anche animale simbolo dell’Incostanza comedescritta nel trattato Iconologia di Cesare Ripa: (fig. 4)
“Donna che passi co’ piedi sopra un Granchio grande, fatto come quello, che si dipinge nel Zodiaco; sia vestita di color torchino, e in mano tenga la luna. Il granchio è animale, che cammina inanzi, e indietro, con eguale dispositione, come fanno quelli che essendo irresoluti, or lodono la contemplazione, hora l’attione, hora la guerra, hora la pace […]. La luna, medesimamente, è mutabilissima, per quanto ne giudicano gli occhi nostri; pero si dice, che lo stolto si cangia come la luna, che non sta mai un’hora nel medesimo modo”.
Alle due costruzioni turrite raffigurate nella carta occorre attribuire la funzione di fari Riguardo tale funzione occorre sapere che gli Antichi attribuirono alla luna la proprietà di essere da sempre faro ai naviganti. Nell’opera Mythologiae di Natale Conte l’autore scrive che la luna era “Ab Aegyptiis Isidis nomina culta, & tempestatibus ac navigantibus praefecta, ut testatur Lucianus in Dialogo Zephyri & Noti (Venerata dagli Egiziani col nome di Iside e preposta alle tempeste e ai naviganti come attesta Luciano nel Dialogo Zefiro e Noto).
Il rapporto Luna-Iside quale dea dei naviganti si evidenzia anche in un capitello trecentesco del Palazzo Ducale a Venezia, dove la dea viaggia su una barca tenendo in mano la falce lunare, accompagnata dal Cancro esaltato nel suo domicilio ideale. (fig. 5).
Il Gabinetto Numismatico del Castello Sforzesco di Milano possiede dracme bronzee alessandrine di epoca imperiale fatte coniare da Antonino Pio (138-161). In queste appare da un lato il busto di Iside e dall’altro Iside Pharia, cioè la dea che naviga su un legno verso il famoso faro sull’isola di Pharos nel porto di Alessandria. (fig. 6)
La luna era appellata Triforme dagli Antichi e i suoi tre aspetti erano messi in relazione ad altrettante virtù. II Cartari nella sua opera scrive:
“E chiamata la Luna Hecate, e Triforme per le varie figure, ch’ella mostra nel corpo suo, secondo che più, o meno si trova essere discosta dal Sole: onde sono parimente tre le virtù sue”.
Nel foglio Cary sono pertanto rappresentati questi aspetti della luna Triforme: i fari posti ai due lati della carta raffigurano la luna al suo primo apparire e la mezza luna, l’astro splendente in alto, al centro della carta, evidenzia la luna piena. E ancora, sono rappresentate le tre fasi lunari: crescente, piena e calante, altri aspetti del triplice appellativo della luna, la cui luce in qualsiasi dei suoi tre stati è, per tutti i naviganti, faro nella notte. L’acqua presente nella zona inferiore della carta è da mettere in relazione al momento in cui la luna non appare perché nascosta nel mare, secondo la credenza degli antichi. L’immagine presenta pertanto le fasi di una completa lunazione.
Scrive il Cartari:
“Ma ritornando ad Apuleio, ei dice, che dormendo li parve vedere questa Dea [la luna] la quale con riverenda faccia usciva del Mare, perché finsero i Poeti, che il Sole, la Luna, e tutte l’altre stelle tramontando si andassero à tuffare nel mare, e che quindi uscissero al loro primo apparire, & à poca à poco mostrò poi tutto il lucido corpo”
La presenza del cane nella vasta iconografia della dea evidenzia il rapporto Luna-Diana, dea quest’ultima raffigurata nelle antiche incisioni spesso accompagnata da quell’animale, il cane e gli altri animali che la accompagnano, come i cervi e i serpenti, rappresentano gli istinti inseparabili dell’essere umano, da dominare per giungere alla “Città dei Giusti”, che secondo Omero, la dea prediligeva.
L’inserimento successivo nella carta della Luna di due cani, uno bianco e uno scuro, come si ritrova nei tarocchi Marsigliesi (fig. 7), trova precisi riferimenti in ambito medievale. La rappresentazione del giorno e della notte era resa iconograficamente da due animali – generalmente cani, ma anche da altre specie – l’uno bianco e l’altro scuro, secondo un concetto assai comune che abbinava questi due colori a situazioni contrapposte, come ci informa il Cartari, che discorrendo del Carro della Luna trainato da due cavalli, asserisce che:
“Di questo l’uno era negro, e l’altro bianco, dice il Boccaccio, perché non solamente appare di notte la luna, ma si vede anco il dì”
Ho trovato un ulteriore esempio di questo modo di raffigurare il giorno e la notte nello splendido dipinto Il Trionfo del Tempo di Jacopo del Sellaio: (fig. 8) il Vecchio è raffigurato in piedi sopra il cerchio del sole nel quale sono numerate le ore. Al di sotto di questo, in corrispondenza delle ore di luce e di buio, sono raffigurati rispettivamente un cane bianco e un cane nero ad indicare che il tempo trascorre senza mai fermarsi, sia di giorno che di notte.
Uno splendido esempio in cui due cani, uno bianco e uno nero, vengono raffigurati in tal senso, si trova in un affresco quattrocentesco al Tempio Malatestiano di Rimini.
Oggetto della mia indagine è stato un affresco che Piero della Francesca dipinse nel 1451 raffigurante Sigismondo in preghiera davanti a san Sigismondo (fig. 9). L’interesse è dato dai due cani raffigurati sulla destra dell’affresco, accovacciati e con il muso voltato verso direzioni opposte.
La loro presenza è motivata da una precisa allegoria: la fedeltà e la gratitudine di Sigismondo verso il suo santo protettore vengono qui esaltate nella raffigurazione di questi animali, da sempre considerati simboli di tali virtù. I colori degli animali denotano che la fedeltà di Sigismondo era continuamente viva, sia durante il giorno che la notte. L’atteggiamento del cane nero che denuncia una maggiore guardia attraverso l’altezza del capo, indica che di notte la dedizione di Sigismondo verso il proprio santo necessitava di una maggiore attenzione, in quanto i sensi tendono ad assopirsi.
Il loro muso rivolto verso opposte direzioni manifesta che la dedizione di Sigismondo verso san Sigismondo non era esclusivamente una prerogativa del tempo presente, ma che lo era sempre stata e lo sarebbe stata sempre: come nel passato così nel futuro. Per quanto di mia conoscenza, si tratta della prima interpretazione iconologica di questo ulteriore aspetto dei due cani nell’affresco.
Proseguendo nell’indagine sul simbolismo dei cani collegati alla luna nel Rinascimento, troviamo che essi sono collegati all’inutilità dei forti eccessi che si compiono sotto lo sguardo dell’astro. L’emblema Inanis impetus tratto dall’Alciati è significativo al riguardo: (fig. 10)
“Lunarem noctu, ut speculum, canis inspicit orbem:
Séque videns, alium credit inesse canem,
Et latrat: sed frustra agitur vox irrita ventis,
Et peragit cursus surda Diana suos”.
(Di notte il cane mira la faccia della Luna, come se fosse uno specchio, e vedendosi crede che sia un altro cane e abbaia: ma inutilmente la vana voce si disperde ai venti e Diana continua insensibile i suoi viaggi).
Nei Tarocchi di Vieville sotto l’astro lunare appare una donna che sta filando (fig. 11). Si tratta di Cloto, una delle tre Parche descritta da Plutarco nella sua opera sulla luna. Ella, storicamente associata alla conocchia, combina i fili separati in un unico: è lei che aggiunge anima a spirito inviandoli sulla terra per far nascere nella materia. Scrive Plutarco:
“Delle tre Moire Atropo insidiata nel sole dà il primo impulso alla nascita; Cloto muovendosi sulla Luna unisce e mescola; sulla terra coopera infine Lachesi, che più di tutte partecipa della sorte. Infatti, la materia inanimata è di per sé impotente ed esposta ad agenti esterni, l’intelletto è impassibile e sovrano: ma l’anima è qualcosa di misto e intermedio – come la luna, che fu creata dal dio come mescolanza e fusione di alto e di basso e ha quindi col sole lo stesso rapporto che con essa ha la terra”.
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Didascalie delle figure
- 001 La Luna, dai cosiddetti Tarocchi di Carlo VI, Ferrara-Bologna, sec. XV. Parigi: Bibliothèque Nationale.
- 002 Antonio Cicognara (?), La Luna, dai Tarocchi Colleoni-Baglioni, Milano, sec. XV. Bergamo: Collezione Privata.
- 003 La Luna, da foglio Cary, Milano, fine sec. XV. New Haven: Yale University, Cary Collection of Playing Cards, Beinecke Rare Book & Manuscript Library.
- 004 Incostanza, xilografia, in Cesare Ripa, Iconologia, Venezia, 1669.
- 005 Luna-Iside, Capitello di Palazzo Ducale, Venezia, 1341-1350.
- 006 Iside Pharia, dracma bronzea di Alessandria, 142-145.
- 007 La Lune, dai Tarocchi di Bernardine Suzanne, Marsiglia, c. 1820.
008Jacopo di Arcangelo (Jacopo del Sellaio), Il Trionfo del Tempo, tempera su tavola, pannello di cassone, 1480-1493. Fiesole: Museo Bandini. - 009 Piero della Francesca, Sigismondo in preghiera davanti a san Sigismondo, affresco, 1451. Rimini: Tempio Malatestiano.
- 010 Inanis impetus, Emblema CLXV in Andreae Alciati, Emblemata, 1599.
- 011 La Luna, dai Tarocchi Vieville, (Jacques Vieville), metà sec. XVII. Parigi: Bibliothèque Nationale.
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Faenza, 1952. Storico, musicologo, archivista, docente e Presidente dell’Associazione “Le Tarot”, composta da eminenti personalità del mondo accademico e della cultura. La comunità scientifica internazionale lo riconosce tra le massime autorità al mondo per quanto attiene l’iconologia dei tarocchi storici. Sul tema dello studio storico, simbolico e “dottrinale” dei tarocchi storici ha ottenuto il Patrocinio del Ministero per i Beni Culturali e Ambientali, collaborando con i grandi musei e le grandi biblioteche, tra cui: il Metropolitan Museum of Fine Arts di New York; la National Gallery di Washington; il Victoria and Albert Museum e il Warburg Institute di Londra; la Graphische Sammlung Albertina di Vienna; la Bibliothèque Nationale di Parigi; la Galleria degli Uffizi di Firenze; la Bayerische Staatsbibliothek di Monaco; il Museo Egizio di Torino; il Museo delle Ceramiche di Faenza; il Museo Civico Archeologico di Bologna; la Biblioteca Marciana di Venezia; la Biblioteca Comunale di Mantova ecc. Si laurea in Studi Umanistici all’Università di Bologna e successivamente consegue il Diploma di Perfezionamento Post-Universitario in Musicologia. Ha frequentato la Scuola di Archivistica, Paleografia e Diplomatica all’Archivio di Stato di Bologna. Già docente e direttore della Biblioteca Comunale di Brisighella. È autore di numerosi saggi e articoli tradotti in diverse lingue e diffusi in tutto il mondo.
-Sito “Le Tarot”: http://www.letarot.it/
Email: info@letarot.it