La Giustizia dei Tarocchi
Anticamente, nell’originaria Scala Mistica, il Trionfo della Giustizia era una delle carte finali: la Giustizia Divina fra punizione e clemenza. Solo molto tempo dopo è stata interpretata come “Giustizia Terrena”. Colei che ha la spada dritta non favorisce nessuna delle due parti.
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“Bulla fulminante / sub iudice tonante / reo appellante / sententia gravante”
da Carmina Burana, sec. XIII
Quando una Bolla [papale] viene emessa da un giudice infuriato, all’ora il reo si appella, ma la sentenza si aggrava.
La Giustizia, che per Cicerone “ha in sé il più fulgido splendore della virtù”, è la ‘Santa virtù’, come descritta nella fascia che incornicia l’Allegoria del Buon Governo nel Palazzo Pubblico di Siena. Essa tiene con le mani una grande bilancia, mentre sopra di essa troneggia la Sapienza, sua perenne ispiratrice.
L’iconografia della Giustizia è usualmente composta da una donna seduta che tiene nelle mani una spada e una bilancia, così come appare nei cosiddetti Tarocchi di ‘Carlo VI’. La spada è sempre rivolta verso l’alto, in posizione eretta, senza che mai si pieghi verso uno dei due lati, a significare che essa non favorirà mai alcuna parte, ma che sarà usata esclusivamente come strumento di difesa dei giusti. La bilancia simboleggia l’equità con cui verrà valutata ciascuna azione umana.
Ed è qui che casca l’asino, poiché siccome la pratica è molto diversa dalla teoria, come si suole dire, stiamo parlando di come la Giustizia dovrebbe operare e non di come opera.
La retta ragione si prefigura come una proprietà della virtù morale in generale. Scrive San Tommaso: “… il giusto mezzo delle virtù morali è quello stesso della prudenza, cioè la retta ragione: ma alla prudenza questo mezzo appartiene come all’elemento regolante e misurante, mentre alle virtù morali appartiene come a ciò che è misurato e regolato”. Quindi, nel contesto della giustizia, sia la ragione che la prudenza regolano in forma equilibrata entrambe le parti affinché venga raggiunta l’uguaglianza desiderata.
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Oltre alla prudenza, la saggezza, dono dello Spirito Santo, svolge un ruolo fondamentale per la comprensione delle cose divine. Riferendoci sempre a Tommaso: “Come dice S. Agostino [De Trin. 12, 14], la parte superiore della ragione è fatta per la sapienza, quella inferiore per la scienza. Ma la ragione superiore, come egli dice [c.7], è rivolta ‘a considerare e a consultare le ragioni superne’, cioè ‘divine’: a considerarle in quanto contempla le cose divine in sé stesse, e a consultarle in quanto giudica con esse le cose umane, guidando gli atti umani con criteri divini. Così, dunque, il dono della sapienza non è soltanto speculativo, ma anche pratico”.
Tali considerazioni suggeriscono il motivo per cui nell’Allegoria del Buon Governo al di sopra della Giustizia sieda in trono la Saggezza, sua fonte eterna di ispirazione. Nella Scala Mistica dei tarocchi, la Giustizia non è quella che attiene alle situazioni umane, ma al rapporto con Dio.
Infatti, oltre alla giustizia umana, esiste quella di Dio, che determina, in base alla facoltà concesse all’uomo, se è stato onorato nel giusto modo. Scrive San Tommaso: “Per il fatto che la giustizia implica uguaglianza, e d’altra parte noi siamo nell’impossibilità di ricompensare Dio adeguatamente, ne viene che non possiamo rendere a Dio il giusto nel suo pieno significato. E così la legge divina non è chiamata ius, o diritto, ma fas: poiché Dio si accontenta che noi soddisfiamo per quanto ci è possibile. Tuttavia, la giustizia tende a far sì che l’uomo, per quanto può, dia un compenso a Dio, sottomettendo totalmente a lui la propria anima”. Questo concetto di fas, legge divina, è usato nel verso iniziale del manoscritto medievale dei Carmina Burana, al di sotto di una gigantesca Ruota della Fortuna.
“Fas et nefas ambulant passu pene pari / prodigus non redimit vitium avari / virtus temperantia quadam singulari / debet medium / ad utrusque vitium / caute contemplari”
(Giustizia e ingiustizia [qui nel senso dell’obbedienza e disobbedienza alla legge divina] procedono di pari passo; il dissipatore non riscatta il vizio dell’avaro; la virtù, con rara moderazione, deve stare nel mezzo e vigilare prudentemente il vizio su ambo i lati).
Nei Sermones de Ludo, primo documento a riportare integralmente l’ordine dei Trionfi, la Giustizia è situata dopo che la tromba del Giudizio avrà squillato per richiamare le anime a uscire dalle loro tombe per essere giudicate. Si tratta della giustizia di Dio, in contrapposizione alla Giustizia intesa come virtù cardinale, virtù che l’uomo dovrà praticare l’un l’altro come strumento della mistica ascesa verso il Divino.
L’espressione ‘Giustizia di Dio’ perde allora il carattere giuridico che la parola inizialmente possedeva per divenire quasi sinonimo di misericordia, clemenza e salvezza (Gn 18, 25; Dt 32,4). È soprattutto San Paolo a teorizzare la dottrina della Giustizia fondata sulla bontà di Dio, sulla sua misericordia e sulla fede, contro la dottrina della Giustizia fondata sulla legge.
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Tuttavia, prima di entrare in cielo, sarebbe stato necessario purificare la propria anima dal male acquisito attraverso atti peccaminosi. L’insegnamento della Chiesa aveva previsto per questo motivo il Purgatorio, luogo di ‘giustizia correttiva’ secondo l’espressione aristotelica. Ma il Purgatorio, se creduto esistere nel medioevo, ora non esiste più, poiché Papa Francesco l’ha dismesso.
D’altronde nel medioevo non si poteva dar gran retta alla Chiesa rispetto alla Giustizia, data la sua prerogativa di procurare ingiustizia. Illuminanti al riguardo sono i seguenti versi di un anonimo studente del tempo, con cui concludiamo la frase iniziale che terminava con “la sentenza si aggrava”:
“veritas opprimitur / distrahitur / et venditur / iusticia prostrante. / Itur et recurritur / ad curiam nec ante / quod consequitur / nam exuitur quadrante”
(allora la verità viene oppressa, distorta e venduta, la giustizia è prostrata. Si va e si viene dalla curia, ma non si ottiene nulla finché non si sborsa il denaro).
Rex Nummus dicevano i Latini, ovvero il Re Denaro. Non pare che nulla al mondo sia cambiato. Povera virtù, quella della Giustizia, che si può comprare da sempre con qualche soldo. Al contrario, come i tarocchi insegnano, la Giustizia Divina non si potrà comprare.
Immagine: Anonimo, La Giustizia, dai cosiddetti Tarocchi di Carlo VI, carta miniata, sec. XV.
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Faenza, 1952. Storico, musicologo, archivista, docente e Presidente dell’Associazione “Le Tarot”, composta da eminenti personalità del mondo accademico e della cultura. La comunità scientifica internazionale lo riconosce tra le massime autorità al mondo per quanto attiene l’iconologia dei tarocchi storici. Sul tema dello studio storico, simbolico e “dottrinale” dei tarocchi storici ha ottenuto il Patrocinio del Ministero per i Beni Culturali e Ambientali, collaborando con i grandi musei e le grandi biblioteche, tra cui: il Metropolitan Museum of Fine Arts di New York; la National Gallery di Washington; il Victoria and Albert Museum e il Warburg Institute di Londra; la Graphische Sammlung Albertina di Vienna; la Bibliothèque Nationale di Parigi; la Galleria degli Uffizi di Firenze; la Bayerische Staatsbibliothek di Monaco; il Museo Egizio di Torino; il Museo delle Ceramiche di Faenza; il Museo Civico Archeologico di Bologna; la Biblioteca Marciana di Venezia; la Biblioteca Comunale di Mantova ecc. Si laurea in Studi Umanistici all’Università di Bologna e successivamente consegue il Diploma di Perfezionamento Post-Universitario in Musicologia. Ha frequentato la Scuola di Archivistica, Paleografia e Diplomatica all’Archivio di Stato di Bologna. Già docente e direttore della Biblioteca Comunale di Brisighella. È autore di numerosi saggi e articoli tradotti in diverse lingue e diffusi in tutto il mondo.
-Sito “Le Tarot”: http://www.letarot.it/
Email: info@letarot.it