Il corpo nudo come potenza creatrice, Caroline Schneeman
Performer, attivista, attrice, artista, Leone d’Oro alla Carriera nel 2017. “Schneemann e Tenney si filmarono mentre facevano sesso, un lungo amplesso di diciotto minuti in cui la coppia è vista in primo piano nella loro camera da letto buia con un paesaggio rurale di stagioni che cambiano”.
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Importante per il pensiero femminista a cavallo fra anni ’60 e ’70, l’arte di Caroline Schneeman si concentra sulla sua stessa esperienza in termini fisici e del suo stesso punto di vista riguardo temi delicati. E proprio l’essere pioniera della performance femminista e l’utilizzo del proprio corpo come materia principale della propria arte, concependo la donna sia come creatrice sia come parte attiva della creazione stessa le consentirà di ricevere il leone d’oro alla carriera alla Biennale d’Arte nel 2017.
Attraverso uno stile diretto, sessuale, liberatorio e autobiografico, l’artista si serve della nudità del corpo quale forza primitiva e arcaica per conferire uniformità alle energie che ne fuoriescono, promuovendo l’importanza del piacere sensuale femminile ed passando in rassegna l’emancipazione politica e personale da ogni forma di convenzione sociale come pure dall’estetica predominante.
Sebbene sia nota soprattutto per le sue performance, Schneemann che amava definirsi una pittrice, ha riscritto la storia dell’arte, rifiutandone l’idea di una storia narrata esclusivamente dal punto di vista maschile, attraverso l’esplorazione di una vasta gamma di mezzi espressivi come la pittura, il cinema, la video arte e la performance.
Già nel 1964 conquista la fama internazionale dopo avere messo in scena a Parigi e a New York la performance “Meat Joy”, che, impostata su una colonna sonora pop composta dall’allora marito, il compositore d’avanguardia James Tenney, aveva un impianto orgiastico in cui quattro tra uomini e donne, inclusa la stessa Schneeman, si rotolavano sul pavimento in bikini, spalmandosi l’un l’altro di vernice rosso sangue e rotolando su pesci e polli morti. Assistiamo quindi a un’opera dionisiaca di teatro cinetico che, nel celebrare la materialità della carne, esplora il modo in cui le dinamiche sociali si modificano al venir meno dei tabù.
A intervalli regolari dal 1963 al 1967, Schneemann e Tenney si filmarono mentre facevano sesso, montando poi quei filmati per il film “Fuses”, un lungo amplesso di diciotto minuti in cui la coppia è vista in primo piano nella loro camera da letto buia con un paesaggio rurale di stagioni che cambiano, sempre visibile attraverso la finestra. Il film viene inquadrato attraverso lo sguardo vigile del felino Kitch, il primo dei numerosi “gatti musa” che Schneemann includerà nella sua arte nel corso degli anni.
Il film unifica le energie erotiche all’interno di un ambiente domestico attraverso il taglio, la sovrapposizione e la stratificazione di impressioni astratte incise nella stessa celluloide, oggettivando i flussi sessuali della mente del corpo. E ciò che porta “Fuses” al livello dell’avanguardia è proprio il modo in cui visivamente non assomiglia affatto a una pornografia: la polvere e la colorazione sulla pellicola parlano specificamente della mano dell’artista, l’inquadratura modificata così come le immagini fisse del video sembrano quasi dipinti espressionisti astratti attraverso i molteplici strati diversi che si sovrappongono e che consentono di riconoscere apertamente l’azione dell’artista nella creazione di quest’opera d’arte.
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Il riconoscimento della presenza dell’artista nel montaggio è quindi la chiave per apprezzare la misura in cui il film sta dimostrando allo spettatore che il sesso dovrebbe essere individualizzato e non una serie di azioni performative. Un porno si concentra su nient’altro che la fantasia visiva, desiderano interpretarlo come una realtà, non qualcosa coordinato da un regista e una troupe cinematografica e poi montato da un altro gruppo di persone.
Schneemann rivela la sua realtà nelle inquadrature e nel montaggio, dimostrando al pubblico come non esiste una manipolazione esterna, rendendo ancora più efficace la sua critica alle false realtà della sessualità mostrate nel cinema. Questo video così intimo verrà poi esposto al pubblico dando la possibilità di compiere delle azioni come dipingerlo, tagliarlo, portandolo a diventare come un collage. Soprattutto Fuses diventa il primo film della sua “Autobiographical Trilogy”, composta da “Plumb Line” (1968-71), sullo scioglimento della sua relazione con Tenney, e “Kitch’s Last Meal” (1973-1978), che racconta la vita quotidiana del suo gatto, Kitch, fino alla sua morte.
Se “Meat Joy” rifletteva lo spirito liberazionista dei suoi tempi, altri lavori attingevano alle sue oscure realtà politiche, in particolare la guerra in Vietnam. Nel suo “Viet-Flakes” del 1965, una videocamera scansiona ritagli di giornale delle atrocità sul campo di battaglia come dalla prospettiva di un aereo da combattimento predone. Due anni dopo, il film verrà incorporato nell’opera teatrale “Snows”, in cui gli artisti, seguendo le indicazioni del pubblico, mettono messo in scena scene scultoree derivate da immagini di guerra, mettendo in contrasto l’immaginario dell’intimo quotidiano e dell’erotico con la distruzione e la guerra.
Poi nel 1975 con la sorprendente performance “Interior Scroll”, Schneemann entra avvolta in un lenzuolo, sotto il quale indossava un grembiule. Si sveste e poi sale su un tavolo dove ha delineato il suo corpo e viso con della vernice nera, mentre che leggeva il libro “Cézanne, She Was a Great Painter” Quindi, dopo che ha lasciato cadere il libro, estrae lentamente dalla sua vagina una sottile striscia di carta dattiloscritta che legge, come a volere commentare una critica dell’interesse femminista per la scrittura femminile.
La rappresentazione della vagina assume un significato non solo fisico, ma concettualmente come forma scultorea e fonte di conoscenza sacra, momento di estasi, passaggio di nascita e trasformazione che unifica lo spirito e la carne. Attraverso la fonte della concettualizzazione, dell’interazione con i materiali, dell’immaginazione del mondo e della composizione delle sue immagini, la rappresentazione di Schneemann della propria vita sessuale vuole come sdoganare i malsani standard sessuali cinematografici rivelando un concreto impegno per la sessualità reale e il riconoscimento degli standard irrealistici della sessualità fissati dagli uomini nel cinema, simbolo di un’emarginazione integrata dalla discriminazione generale che le donne devono affrontare nei film.
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Saggista e produttore cinematografico, già docente. E’ attivo nel mondo delle startup quale advisor per Column, e membro del CDA per Freedom Waves, SurgiQ e Smart Sommelier. Ha cofondato la Undo Studios, per la quale ha gestito come direttore amministrativo il metaverso The Nemesis. In ambito cinematografico ha co-prodotto i film “Revengeance” e “La mafia non è più quella di una volta” e la webserie “Italica noir”, oltre ad avere collaborato con vari festival internazionali e tenuto seminari universitari. Come nipponista ha pubblicato le monografie “Per un introduzione sugli emaki”, “Evoluzione e rappresentazione del gioco del go”, “Lo scintoismo” e “Ukiyo-e: il periodo classico”.
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