Disabilità in solitudine. Morti e suicidi.
Dove sono gli strumenti per permettere la dignità di ogni individuo, seppur con disabilità, di restare a casa e di non essere privato della propria autonomia? L’ONU afferma: «nessuna giustificazione per chi discrimina gruppi di pazienti».
La Pandemia dovuta al COVID19 è inarrestabile e tutto il mondo si è scoperto ”FRAGILE”. Questo virus è invisibile, ma ha palesato tutte le disparità sociali che nessuno voleva vedere, gli invisibili della società, i dimenticati, le persone con disabilità.
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Tantissime le associazioni di categorie che si occupano di disabilità, o nello specifico di patologie. Alcune sono risultate assenti. I comuni neanche a parlarne. Servizi sociali “mai palesati”, nessuno è venuto dalle persone con disabilità a chiedere “come state?”. La telemedicina, un’utopia fantastica e tecnologica. Gli invisibili sono restati tali in questa emergenza mondiale. Anche gli ospedali scelgono tra chi salvare… se salvare una persona con disabilità o una sana.
E’ la cruda verità, fatta di numeri e di statistiche, dove le persone sono lasciate a casa da sempre, sole, senza assistenza domiciliare. Le famiglie sole a sostenere il peso economico, emotivo e sociale di una condizione che non si sceglie.
Noi restiamo a casa, ma dimenticati, soli e abbandonati.
In questi giorni si sono viste consumare tragedie e storie di persone con disabilità in seria difficoltà a restare a casa senza avere più i soliti riferimenti. Le associazioni hanno lasciato anche esse sole le persone.
Qualche articoletto solo per raccogliere fondi per la ricerca sulle patologie… ma raccogliere fondi ANCHE per offrire telemedicina ai propri associati? Per creare una rete assistenziale pratica, dallo psicologo all’assistente, con tutti i dispositivi di sicurezza?
No! Hanno pensato solo che le casse della Protezione Civile.
Le mascherine coprono le labbra… e come faranno a leggere il labiale i sordomuti? E’ dalle piccole cose che si fa la differenza, l’attenzione verso le persone che nell’emergenza ci vivono da anni, da decenni, invisibili, senza assistenza e soprattutto senza nessun tipo di servizio.
Le famiglie senza mascherine con la paura ogni giorno di poter infettare il proprio figlio, il proprio congiunto. Questo virus invisibile ha palesato le fratture nel sistema assistenziale che, dove funziona solo grazie al cuore delle persone e del volontariato.
A chi è fortunato ad avere un lavoro. gli sono stati concessi 9 giorni al mese di permessi della legge 104, ma davvero bastano? Davvero questa significa essere solidali con le persone con disabilità? Dove sono gli strumenti per permettere la dignità di ogni individuo, seppur con disabilità, di restare a casa e di non essere privato della propria autonomia?
Le ferite di un welfare in mano a tecnocratici, burocrati e manager sono diventate una voragine dove affoga l’invisibile.
Oggi chiamiamo super-eroi i medici e gli infermieri. Le famiglie che hanno persone con disabilità da gestire come le vogliamo chiamare? Angeli? Vivono d’aria, di gloria e di santità? No, vivono come ogni persona e essere umano, solo che sono stati lasciati soli. Come soli sono stati lasciati gli anziani. Sono stati lasciati soli chi ha problemi intellettivi e disturbi psichiatrici. Molti si sono suicidati, perché sono stati lasciati soli, da un sistema che sceglie chi salvare e chi no. E il metro con cui si sceglie è sempre sulla base di un pregiudizio.
L’ONU si è fatto profeta con questa dichiarazione dell’Alto Commissariato per i Diritti Umani: «La crisi legata al corona virus non può essere risolta solo con misure di emergenza e di sanità pubblica; anche tutti gli altri diritti umani devono essere affrontati! Tutti, infatti, senza eccezioni, hanno il diritto a interventi salvavita e questa responsabilità spetta ai Governi dei vari Paesi. La scarsità di risorse o l’uso di regimi assicurativi pubblici o privati non deve mai essere una giustificazione per discriminare determinati gruppi di pazienti, perché tutti hanno il diritto alla salute».
Gli esperti dell’ONU citano in primo luogo proprio «le persone con disabilità», e in successione «le persone anziane, le comunità di minoranza, le popolazioni indigene, gli sfollati interni, le persone colpite dalla povertà estrema e che vivono in ambienti sovraffollati, coloro vivono in istituti residenziali, i detenuti, i senzatetto, i migranti e i rifugiati, le persone in situazione di tossicodipendenza, i gruppi LGBT [lesbiche, gay, bisessuali e transgender, N.d.R.] e persone di genere diverso».
«Questi e altri gruppi devono ricevere supporto dai Governi (…) ugualmente importanti sono tutti i diritti umani» e a tal proposito: «i principi di non discriminazione, partecipazione, responsabilizzazione e responsabilità devono essere applicati a tutte le politiche relative alla salute».
Pieno sostegno vieni quindi espresso per tutte le misure raccomandate dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, necessarie a sconfiggere la pandemia, invitando ogni Stato: «ad agire con determinazione per fornire le risorse necessarie a tutti i settori dei sistemi di sanità pubblica, dalla prevenzione e individuazione al trattamento e al recupero».
Gli Stati devono adottare ulteriori misure di protezione sociale affinché il loro sostegno raggiunga coloro che sono maggiormente a rischio di essere colpiti in modo sproporzionato dalla crisi. E questo include anche le donne, che si trovano già in una posizione socioeconomica svantaggiata, che sopportano un onere assistenziale ancora più pesante e che vivono con un aumentato rischio di violenza di genere.
Leggere questa nota fa male al cuore, perché proprio nei RSA si sono e si stanno verificando i focolai più gravi. Centinaia di morti non calcolati tra le vittime, da invisibili hanno vissuto e da invisibili se ne vanno, senza neanche il pianto di consolazione di chi li ha accuditi e amati.
Questo è il virus che esprime tutta la solitudine di ciò che l’essere umano ha creato, distrutto e non amato!
Immagine: https://unsplash.com/photos/Pv5WeEyxMWU
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Portici, 1966. Direttore comunicazione e ufficio stampa di “Hope”, la più importante onlus italiana di sport integrato, con sede a Torino. L’obiettivo è superare i limiti della disabilità, oltre ogni etichetta e pregiudizio. Laureata in Scienze Politiche, indirizzo politico ed economico. Ha conseguito altre specializzazioni e master. All’età di 37 anni riceve diagnosi di una patologia neurodegenerativa, la Sclerosi Multipla e da allora è attivista per l’inclusione. Organizza, partecipa a mostre ed eventi, utilizzando la pittura e la poesia come strumento per superare limiti determinati dalla propria condizione di disabilità.
Sito HOPE: https://hoperunning.it/
Blog personale: https://oltredimaddalenacenvinzo.wordpress.com/
Email: oltrelasclerosi@gmail.com