Decidere di morire
La rabbia di familiari e amici verso il suicida è uno dei sentimenti più difficili da riconoscere e risolvere.
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Oggi, non so come, mentre stavamo avendo una conversazione leggera, ci siamo ritrovati a parlare di suicidi e mi sono tornate in mente le parole di una canzone di De André: “Ai suicidi dirà baciandoli alla fronte Dio di misericordia il tuo bel paradiso l’hai fatto soprattutto per chi non ha sorriso”.
Ecco, i suicidi li vedo così. Persone che hanno perso la capacità di sorridere, per poter affrontare la vita, o anche un singolo momento di difficoltà.
Non è misurabile la difficoltà dell’ostacolo, non se ne può avere una visione obbiettiva: per il suicida è stato più di quanto potesse tollerare. E’ stato insormontabile.
Mi è capitato di parlare con suicidi che non erano riusciti nel loro intento ed erano contenti di non esserci riusciti, perché nell’essere rimasti vivi avevano ritrovato la capacità di potercela fare. Poi ci sono quelli che ci riprovano fino a riuscirci. Ecco, volendo tornare alla frase della canzone, potremmo dire che, per loro, la capacità di sorridere era persa per sempre.
Anche se il suicidio non è riuscito non si possono trascurare le emozioni della persona e di quelle coinvolte. E’ molto superficiale pensare che tutto sia stabilizzato solo perché il suicidio non è riuscito. E’ ovvio che ci sono considerazioni da fare, emozioni da affrontare per poterle riconoscere e superare, o confronti che non è opportuno evitare.
Ovviamente tutto è più intenso se il suicidio è (purtroppo) riuscito.
Il lutto per una morte da suicidio è senza dubbio un lutto traumatico, né potrebbe essere altrimenti. Le implicazioni sono tante. Chiunque abbia incrociato la sua vita con quella di un suicida si chiede come mai non si è accorto di nulla… peggio ancora se si rende conto che, in realtà, aveva notato che qualcosa non andava, perché, in questo caso è presente anche il senso di colpa. Più si è intimi più forte è il coinvolgimento. Fino ad arrivare ai familiari.
Come si può pensare che i genitori, il coniuge, i figli, i fratelli non si sentano travolti dall’enormità di un gesto che ha cambiato per sempre la loro vita?
Il senso di colpa e di inadeguatezza entra come un tarlo nella loro anima e lì rimane. C’è anche un’altra emozione che entra nella vita delle persone coinvolte in un evento così drammatico (anche se questa è più per gli intimi): la rabbia. Rabbia verso il defunto per averli lasciati soli a fronteggiare la/le difficoltà che lui non ha saputo affrontare.
Già una morte improvvisa “naturale”, da vita a tanti problemi, magari anche solo pratici. Una morte improvvisa rimescola tutto, quella per suicidio ancora di più. Sono i familiari che adesso devono porre riparo alla situazione non conclusa. Che si tratti di una condizione economica o sentimentale, c’è sempre un insieme di problematiche che aspettano i sopravvissuti ed arriva, inevitabile, la rabbia. Rabbia verso il defunto (difficile da riconosce) ma, anche verso i congiunti.
Succede che ognuno pensi che l’altro se ne sarebbe dovuto accorgere e fare qualcosa. Nella loro testa girano e rigirano momenti che avrebbero dovuto fa capire che qualcosa non andava. Rabbia ancora di più se è uno dei componenti della famiglia che ha innescato la miccia. Pensiamo ad una moglie o un marito che hanno deciso di porre fine ad una storia e questo non è stato accettato dal suicida. Se si pensa a tutte queste possibilità si vede bene la gamma di emozioni messa in moto dal suicidio.
Si può capire che, tutte le persone coinvolte in un suicidio, abbiano bisogno di essere aiutate.
C’è la necessità di un luogo sia fisico che ideale, dove le emozioni possano trovare voce. Un viaggio che non si può compiere da soli, perché le emozioni messe a nudo senza un aiuto professionale, possono distruggere.
Da soli è difficile riuscire a compiere il cammino che trasforma le emozioni negative in compassione verso la persona che ha compiuto il gesto, verso tutti gli altri coinvolti e verso sé stessi.
Compiendo il cammino verso la compassione si possono sentire dentro le parole: “lascia che sia fiorito signore il tuo sentiero… quando verrà al tuo cielo là dove in pieno giorno risplendono le stelle” ed allora potrà esserci la pace per tutti.
Immagine: cristian-newman-wGKCaRbElmk-unsplash (Unsplash)
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Psicologa e psicoterapeuta specializzata in Gestalt e Analisi Transazionale. Practitioner dell’EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing – “Desensibilizzazione e rielaborazione attraverso i movimenti oculari”), metodo psicoterapico riconosciuto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), dal Dipartimento degli Affari dei Veterani degli Stati Uniti (Veteran Affairs) e dal Dipartimento della Difesa degli USA. Svolge privatamente la sua professione, abbracciando anche ampie problematiche (ansia, disturbo post-traumatico da stress, crisi di panico, disturbi alimentari, ecc.) e praticando il Training autogeno. L’autrice gode di doppia formazione, psicologica ed economica, già docente di Economia aziendale.
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