Come Pesci guizzare tra paradisi artificiali
Oltre il mondo dei sensi, quello degli universi alternativi. Sfuggenti e inafferrabili, benedetti dai sogni, tra fervida immaginazione e estasi mistica, droghe e divino, come il Kubkla Khan scritto: “dopo aver ingerito due grani d’oppio” e Baudealaire
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Secondo l’astrologia tradizionale, i Pesci sono un segno associato alla religione e alla pietà. L’astrologia moderna, a ben vedere, riprende forse senza volerlo qualche elemento di quella classica nel connotare i nativi del segno come scarsamente concreti, distratti e sognatori: già nelle epoche più antiche, infatti, i sogni sono stati spesso considerati degli omina degli Dei e quindi legati alla sfera spirituale, così come l’anelito verso lo spirito si può configurare come un movimento verticale di distacco dal suolo del mondo della materia che occorre trascendere per contattare le sfere celesti.
È in questo contesto che i Pesci, a ragione, possono configurarsi come creature sfuggenti e inafferrabili, persi nei loro sogni e nel loro ricco mondo interiore popolato di elfi, fate, gnomi e altri soggetti di visioni che possono essere prodotte da una fervida immaginazione, come dall’estasi mistica o dagli stati alterati di coscienza indotti dall’uso di sostanze inebrianti o stupefacenti le quali, presso le più svariate culture, sono state spesso d’ausilio per abbattere gli ostacoli dei sensi e trovare un contatto diretto con la divinità.
Trascendere la realtà, tuttavia, non significa per forza anelare al Divino. L’uomo ha anche bisogno di fuggire quel Mondo in cui vive, a volte onerato di fatica e dolore e in cui si lotta per non soccombere a una realtà sociale, politica, culturale che impone valori e scelte diverse dalla propria Weltanschauung.
Pertanto, droghe, alcol, musica, videogiochi, letteratura, religione (oppio dei popoli par excellance), possono tutte fungere da sostanze dissocianti dalla pesantezza e dalla noia della vita.
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E, proprio in letteratura, il fenomeno dell’escapismo ha dato il nome anche a una corrente o a un approccio fatto proprio da una serie di autori i quali, piuttosto che proporre alternative al disagio prodotto dall’ambiente circostante e dall’epoca in cui essi vivono, magari per sferrare critiche dissacrante e irriverenti (si veda, a proposito, l’articolo sull’Aquario), hanno preferito creare come demiurgi degli universi alternativi, refugium peccatorum di lettori insoddisfatti dalla realtà. Basti dunque pensare al genere fantasy come letteratura di evasione.
Spesso però la droga fisica e quella della letteratura si sono unite in un sodalizio maledetto che ha conosciuto il suo apice nel corso del XIX secolo.
Nel panorama letterario occidentale, infatti, non pochi furono quegli artisti che finirono per sviluppare una dipendenza dalle droghe, inizialmente fruite ad uso terapeutico, come nel caso di Samuel Taylor Coleridge (m. 1834), esponente della prima generazione di poeti romantici inglesi, oppiomane. Egli stesso confessò di aver scritto il poemetto Kubkla Khan (1797) dopo aver ingerito due grani d’oppio:
In Xanadu volle Kubla Khan
un gran palazzo di delizie edificare:
dove il sacro fiume Alph scorreva
per caverne immensurabili all’uomo
giù verso un mare senza sole.
Il rapporto d’amore e odio tra poeti dell’Ottocento europeo e sostanze intossicanti assurge agli onori della letteratura ne Les fleurs du mal di Charles Baudealaire (m. 1867) che, guarda caso, in Pesci aveva il pianeta della scrittura Mercurio, strettamente congiunto a Plutone, pianeta dei tabù, del torbido, degli abissi della decandenza. È al vino che il poeta francese dedica, tra le altre, questi versi dannati in cui l’ebbrezza del nettare di Bacco permette agli “straccivendoli” di fuggire il dolore di una vita miserabile:
Per spegnere il rancore, cullare l’indolenza,
di quei vecchi che muoiono, maledetti, in silenzio,
Dio, pentito, creò il sonno, le sue fole.
L’Uomo vi aggiunse il vino, sacro figlio del Sole.
La relazione con gli intossicanti, a volte può accrescere la sensibilità che nei Pesci solitamente è piuttosto (o eccessivamente) sviluppata. Dall’acuirsi della percezione sensoriale può insorgere il fenomeno della sinestesia, nel quale due sfere sensoriali diverse, come l’udito e la vista, si incontrano come nel caso della poesia del più famoso dei Poètes maudits Arthur Rimbaud (m. 1891), che tra un bicchiere di assenzio e l’altro, raggiunge la consapevolezza che i suoni delle Voyelles abbiano una peculiare espressione cromatica:
A nera, E bianca, I rossa, U verde, O blu: vocali, Io dirò un giorno le vostre nascite latenti:
A, nero corsetto villoso di mosche splendenti.
Che ronzano intorno a crudeli fetori
La musica, la fantasticheria, l’ebbrezza – tutte cose sotto il dominio dei Pesci – forse non sono altro che dei paradisi artificiali alternativi al vuoto cosmico di un mondo che non sa offrire più nulla in quanto a valori, sogni ed emozioni autentiche.
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Consigli di lettura per fuggire dalla realtà:
- S.T. Coleridge, “La ballata del vecchio marinaio”; “Kubla Khan”.
- Thomas De Quincey, “Confessioni di un mangiatore d’oppio”
- Baudelaire, “I paradisi artificiali” e “I fiori del Male”
- Arthur Rimbaud, “Il battello ebbro” e “Illuminazioni”
Palermo, 1984. Su Rubrics cura la rubrica astrologica, a cavallo con letteratura e arte. Dopo la formazione liceale si laurea in Lingue Moderne (curriculum inglese e arabo, tesi sulla questione palestinese) e si specializza a Ca’ Foscari in lingua e letteratura araba (tesi in finanza islamica). Ha studiato Astrologia alla scuola torinese di Irene Zanier, perfezionando una sua antica passione. Si interessa anche di esoterismo, religioni, cinema horror, musica metal e letteratura, soprattutto inglese, francese e russa dell’Ottocento.
-Email: francesca84deluca@gmail.com
-Pagina Fb: https://www.facebook.com/inclinantastra/