Architetti e Artisti, fratelli di Visione


Mentre l’architetto progetta una visione, l’artista intuisce la verità della metamorfosi. L’identità dello spazio è oggi il dinamismo, il modo di rappresentare il «Vuoto Denso». Nell’architettura, l’immagine elastica dell’esperienza.

Il territorio visto dall’alto appare immobile, ma la sua immagine lentamente si trasforma. Essa appare attraverso i cittadini, che la abitano, la vivono, la segnano in ogni sua parte, la percorrono, la modificano e ne fanno un luogo.

L’immagine di ciascun luogo sta cambiando velocemente, perché sta cambiando radicalmente il significato di abitare. Il termine sembra lasciare il significato di abitudine, di stare e permanere, per assumerne più propriamente quello di far parte, partecipare, prendere parte alla vita del luogo in cui si è temporaneamente presenti.

Lo spazio temporaneamente condiviso, non richiede più un’immagine di identità, ma una prospettiva dinamica, una rappresentazione dello spazio prossimo, da vivere e rivivere come una metamorfosi. 

Se guardiamo intorno a noi, osserviamo di volta in volta un’immagine frontale della nostra città; ci appaiono i dettagli, si formano i margini, si delineano i colori; di tutte le cose compare il senso e ne costruiamo un significato.

Ogni cosa che appare riporta in superficie il significato costruito di chi l’ha vista, isolata, raggruppata, abbandonata e ricostruita prima di noi. Ma ogni immagine trattiene un significato d’origine, che non appare, non può essere colto, né osservato e neppure ricordato, ma che tuttavia esiste e resiste ad ogni sguardo. L’origine delle cose resiste ad ogni curiosità, muove a sé le nostre ambizioni e ne respinge il principio di definizione.

Abitare lo spazio è come guardare un dipinto; possiamo concentrare l’attenzione, fissare la parte più piccola delle cose che, con cura, in silenzio, pian piano cerchiamo di attraversare e appena dietro l’immagine perdiamo il segno e dopo un po’ anche la percezione del punto di vista.

Guardando a fondo incominciamo a perdere il segno senza lasciare alcuna traccia fino a che non rimarrà delle cose alcuna definizione. Rimarrà il vuoto. Il vuoto che non accoglie, né respinge; il vuoto che non manca; il vuoto denso.

Percepire la densità del vuoto è la condizione di appartenenza alle cose, al loro spazio e al loro tempo, dove non ha più senso guardarle perché non c’è da loro alcuna distanza; La metamorfosi è la condizione per abitare.

Si potrebbe configurare la necessità di disegnare il luogo dell’equilibrio dinamico, del breve periodo, senza rincorrere punti di fuga e piani regolatori, condizione in cui la costruzione dello spazio e di ogni sua dimensione, o variante, riflette in superficie il significato del vuoto, a cui la forma tende.

Per disegnare il vuoto occorre la sensibilità dell’artista che vive di metamorfosi ma non la sa

spiegare, perché l’artista non potendo definire il vuoto, prova a rievocare, a suo modo, l’immagine di ciò che accade.

Gli architetti incontrano spesso artisti per scambiare un punto di vista, un’immagine del presente o ancora una visione del futuro. L’architetto teorizza e progetta la visione, l’artista offre l’esperienza della metamorfosi, l’intuito della verità, che pur tuttavia svanisce mentre l’artista stesso ne rincorre le tracce.

Si dice che l’architetto e l’artista possono convivere e condividere gli spazi della mente senza inciampare, perché lasciano la stessa orma; io ho incontrato poche volte artisti, ma abbastanza per incominciare a nutrire una continua riflessione sulla dignità del vuoto e la necessità di riconoscerne la densità, attraverso un’idea di architettura che mostri l’immagine elastica dell’esperienza, contrapponendo la memoria alla storia e l’uomo allo spazio.

L’architettura della prospettiva dinamica può essere espressa nel vuoto denso della periferia.

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