“Al razionale preferisco l’onirico”, parla la regista Paola Maffioletti
L’artista romana presenta di “Di Pietre e di Rose”, lo spettacolo che debutterà a novembre nel centenario di Pier Paolo Pasolini, passando per l’esperienza coi grandi Maestri internazionali.
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La romana Paola Maffioletti alterna l’impegno di attrice a quello di coreografa e regista teatrale, vantando una solida esperienza internazionale. Si occupa altresì di formazione teatrale (Recitazione e Tecniche del Movimento), collaborando con l’Università degli Studi RomaTre e con diverse Accademie Teatrali Italiane (Istituto Nazionale Dramma Antico, Accademia d’Arte Drammatica della Calabria, MimoTeatroMovimento, Laboratorio CEIS, PACS diretta da Stefano Jurgens, ACT Scuola di cinematografia-Cinecittà, AE Media di Roberto De Laurentiis, Artisti Associati, Cassiopea/Accademia Teatrale).
Maffioletti ha raccontato a Rubrics in anteprima dello spettacolo che debutterà in prima nazionale a Roma in apertura di stagione presso il Teatro di Villa Lazzaroni, presidio culturale all’interno del VII Municipio, la cui gestione è stata affidata tramite bando a “Fondamenta teatro e teatri”, Ente di formazione artistica e impresa di produzione teatrale, che già partecipa da luglio a novembre 2022 alle iniziative cittadine per il centenario della nascita di Pasolini con la rassegna “ E’ UN BRUSIO LA VITA – CONVERSAZIONI DI SCENA“.
Il suo spettacolo DI PIETRE E DI ROSE è uno spettacolo di Teatro Danza che offre uno sguardo intimo sul rapporto fra Pasolini e tre figure femminili (la madre Susanna, Laura Betti e Maria Callas), così diverse fra loro eppure simili nell’essere anticonformiste, sensibilissime e amanti della libertà tanto quanto lui.
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M- Buongiorno, Paola. Siamo qui a discutere del tuo imminente lavoro “Di pietre e di rose”, e rilevo subito una brillante formazione come attrice-danzatrice, avendo tu studiato con alcuni fra i maggiori interpreti della scena internazionale. Puoi raccontarci qualcosa della tua formazione, e della tua esperienza accanto alle grandi icone nazionali e internazionali?
P- Ho costruito la mia formazione professionale certa che il Teatro che mi corrispondeva, come qualità, finalità e visione, fosse e potesse essere un Teatro poetico e dai contenuti potenti. Perché credo che il Teatro debba sì intrattenere, ma anche e soprattutto raccontare storie importanti. Per questo è necessario che gli interpreti possano affinare tutte le capacità espressive, nello studio e nella sperimentazione continua. Così ho scelto di impegnarmi a tutto tondo, studiando le tecniche vocali e quelle corporee, per poi concentrarmi sul lavoro interpretativo e creativo. Ho studiato soprattutto con Maestri stranieri perché in Italia purtroppo solo recentemente si lavora in modo sinergico e le logiche commerciali ancor oggi spesso sono più importanti dei progetti di innovazione. Fondamentali perché complementari sono state per me le esperienze di studio con Lindsay Kemp. con le grandi compagnie americane di danza contemporanea e con i danzatori del Wuppertal Tanztheater, che mi hanno fortemente aiutato a trovare la mia cifra stilistica.
M- Molto interessante come nella tua formazione si evidenzia un forte legame con la danza, che viene di fatto qui ristabilito dalla tua scelta di mettere in scena uno spettacolo di teatro-danza. Puoi spiegarci che cosa rappresenta per te la danza, e la tua decisione di adottare qui una forma di danza allegorica, dove l’elemento narrativo è trattato in modo antinaturalistico e per frammenti?
P- La Danza è come la Poesia. Racconta per simboli, analogie, è sintetica nel gesto e come la poesia è selettiva. Per me è sempre stata il collegamento fra il cielo e la terra e allo stesso tempo uno spazio di estrema libertà. Gli spettacoli di sola prosa, legati alla parola concreta, mi affascinano come spettatrice ma non come interprete o come regista. Al razionale preferisco l’onirico, al reale il surreale. Per questo il Teatro Danza è il genere teatrale che mi è più congeniale. Mi muovo meglio nel non detto, nella citazione, nei chiaroscuri, preferisco comunicare attraverso le immagini legate ai suoni, così i testi diventano un canovaccio, la trama sui cui lavorare con la coreografia, il canto, gli elementi scenici e spesso anche con le videoproiezioni.
M- Malgrado la sua forte diffusione in Europa e in America, il tuo è un esperimento ardito per il pubblico italiano, ancora poco avvezzo alla fusione tra teatro e arti figurative, e al recupero di una dimensione primordiale del rapporto tra gesto e azione e tra gesto e parola. E per questo spettacolo, dopo molti anni di chiusura e numerosi interventi di restauro, hai scelto la bella cornice scenica del Teatro di Villa Lazzaroni. Immagino tu da romana, malgrado questi dieci anni di chiusura, abbia un forte legame con questo teatro, e ti stia impegnando a far conoscere questo luogo meraviglioso, finalmente restituito alla collettività.
P- Da diversi anni collaboro con una realtà produttiva che ha sede e a Roma, FONDAMENTA TEATRO E TEATRI. Svolgiamo attività di formazione professionale con una Scuola di Recitazione a frequenza triennale, abbiamo una piccola compagnia riconosciuta dal FUS e ora abbiamo vinto un Bando per la gestione di questo Teatro, speciale perché immerso nel bellissimo Parco Pubblico di Villa Lazzaroni, nel quartiere Appio. Credo che in un periodo in cui i Teatri chiudono e la cultura è appiattita e poco incentivata, questo progetto, di restauro programmazione e restituzione al territorio di un luogo chiuso da tempo e che potrà diventare sede di diverse iniziative, sia coraggioso e degno di attenzione. Per questo abbiamo pensato di aprire la stagione teatrale con questo spettacolo, che fa parte di un più ampio progetto legato al centenario della nascita di Pasolini.
M- Quindi, lo spettacolo “Di pietre e di rose” debutterà a novembre, dopo l’offerta culturale dell’”estate romana” e nell’anno del centenario di Pier Paolo Pasolini. In che cosa ritieni si possa distinguere il tuo spettacolo dagli altri eventi messi in scena a Roma?
P- DI PIETRE E DI ROSE è uno spettacolo che stiamo montando leggendo i testi, soprattutto poetici, ma anche molto leggendo articoli e analizzando foto. Le parole del poeta sono partitura per voce e danza, e tutto sarà legato dalla musica e dal canto dal vivo. Penso che rispetto agli altri spettacoli in scena, dichiaratamente più commemorativi, questo possa essere piuttosto una nostra suggestione, uno sguardo molto femminile, intimo.
M- Pier Paolo Pasolini, tra i maggiori intellettuali italiani del novecento, è una figura culturalmente versatile, essendosi distinse in numerosi campi e lasciando contributi anche come pittore, romanziere, linguista, traduttore e saggista. Di tutti i suoi ambiti, tu hai scelto alcuni aspetti più nascosti, esaltandone la sua vena poetica. Come mai questo maggiore interesse nella sua produzione letteraria come poeta?
P- Come dicevo la Poesia è il linguaggio che preferisco e che meglio si accosta a mio avviso alla coreografia. Inoltre da sempre, anche prima di affrontare le letture delle opere di Pasolini per finalizzarle al montaggio di questo spettacolo, alla scrittura politica e filosofica e ai saggi preferivo quella più malinconica e dolente dei suoi versi poetici.
M- Il tuo sembra volere essere uno sguardo diverso, fortemente intimista, che più che la sua visione intellettuale, vuole scavare nel suo vissuto, in particolare nel rapporto con le “sue tre donne”, la madre Susanna. Laura Betti e Maria Callas, che lui ha fortemente amato e da cui è stato certamente molto amato. Come è avvenuto questo viaggio nel suo vissuto intimo, e come pensi di rappresentarlo?
P- Siamo quattro donne in scena, tre attrici danzatrici e una cantante. Le prime tre interpretano o anche solo evocano proprio la madre Susanna, la Betti e la Callas. Si muovono nello spazio scenico che suggerisce tre stanze, tre luoghi intimi, di solitudine, mentre la quarta donna, la cantante, ne rimane inizialmente esclusa, quasi fosse spettatrice o autrice lei stessa della proiezione in scena delle altre tre presenze. Le luci isolano inizialmente frammenti di vissuto individuale, gesti, pensieri, ricordi. Ogni stanza si accende e si spegne inizialmente a intermittenza. Ogni luogo è caratterizzato da pochi elementi di scena. Susanna è nel suo giardino a Casarsa, Laura nel suo studio pieno di libri fogli e oggetti, Maria nella sua camera d’albergo a Parigi. Quei confini immaginari verranno poi rotti, la cantante diverrà collante narrativo, le donne alluderanno forse a quell’ideale unico di donna che viveva nella testa del Poeta. Queste tre figure femminili sono state importantissime per Pasolini, e lui per loro. Racconteremo l’amore, diverso, contraddittorio, espresso o negato, le affinità intellettuali e quella “disperata vitalità “che tanto li unisce e li rende simili.
M- In un viaggio intimo che esalta la parte femminile di Pasolini, noto una presenza scenica tutta all’impronta del femminile. Vuoi raccontarci qualcosa su loro, e in particolare di Luciana Lusso Roveto, che partecipa a “ Di pietre e di rose” come co-regista?
P- Luciana Lusso Roveto è coautrice e, con me, coreografa e regista dello spettacolo. Proveniamo da studi simili e da giovanissime abbiamo lavorato insieme per diversi anni. Lei ancora dirige la nostra prima Associazione Culturale che con il tempo e nella sua unica direzione si è poi concentrata oltre che sulla Formazione anche su importanti progetti di Teatro sociale. Ha uno sguardo sensibile e attento e i suoi progetti più significativi sono stati il TEATRO DANZA DI FRONTIERA, spettacoli e laboratori con inserimento di migranti e rifugiati, SUPERDIVERSO, Festival di contaminazione fra danzatori diversamente abili e attori professionisti, e ALTREFRONTIERE, Rassegna che ospita in Italia ogni anno i coreografi emergenti del momento. Le altre due interpreti sono TATIANA CICERO, danzatrice contemporanea con diverse esperienze anche nel campo della danza BUTHOH e MANUELA BONI, cantante prevalentemente lirica che già da tempo pratica un teatro di contaminazione fra canto lirico e naturale, parola recitata e movimento scenico.
M- Paola, ti ringrazio per il tuo tempo. Molto interessante quanto mi hai raccontato, spero possa avere non solo successo in Italia, ma anche all’estero, magari l’anno prossimo pure in Grecia sfruttando il centenario di Maria Callas!
P- Grazie a te e a RUBRICS per dare voce a progetti ‘ trasversali’ come il nostro!
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Saggista e produttore cinematografico, già docente. E’ attivo nel mondo delle startup quale advisor per Column, e membro del CDA per Freedom Waves, SurgiQ e Smart Sommelier. Ha cofondato la Undo Studios, per la quale ha gestito come direttore amministrativo il metaverso The Nemesis. In ambito cinematografico ha co-prodotto i film “Revengeance” e “La mafia non è più quella di una volta” e la webserie “Italica noir”, oltre ad avere collaborato con vari festival internazionali e tenuto seminari universitari. Come nipponista ha pubblicato le monografie “Per un introduzione sugli emaki”, “Evoluzione e rappresentazione del gioco del go”, “Lo scintoismo” e “Ukiyo-e: il periodo classico”.
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