Felix The Cat: il primo divo multimediale
Era famoso come Charlie Chaplin, ma l’arrivo di Topolino fece le scarpe al gatto. Fu fatale la scelta di non innovarsi tecnologicamente con il sonoro, preferendo il muto. Dopo anni di rianimazioni incomplete o sbiadite, nel 2020, il co-produttore di “Transformers: Rescue Bots” afferma di lavorare alla nuova serie di “Felix the Cat”.
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Malgrado l’attuale invasione di cartoni animati, il grande pubblico sa oggi poco della storia del cinema d’animazione tanto da dimenticare il primo vero divo multimediale. Se infatti, “Felix the Cat” è stato una delle prime immagini mai trasmesse dalla televisione quando la RCA ha scelto una bambola per un esperimento della NBC del 1928 nel Van Cortlandt Park di New York, e la sua popolarità era pari a quella di Charlie Chaplin, il suo successo durò solamente fino alla fine degli anni venti con l’arrivo del cinema sonoro e di Topolino.
Chi è Felix the Cat? Un gatto nero antropomorfo con gli occhi bianchi, un corpo nero e un sorriso gigante, o più semplicemente uno dei personaggi dei cartoni animati più riconosciuti nella storia del cinema tanto che, nel 2002, la “TV Guide” ha classificato Felix the Cat al numero 28 nella lista dei “50 migliori personaggi dei cartoni animati di tutti i tempi”.
Nel 1926, Felix divenne la prima mascotte del liceo nello stato dell’Indiana per i Logansport Berries, e la sua immagine ha presto adornato merci come ceramiche, giocattoli e cartoline; ancora diversi produttori hanno realizzato giocattoli di Felix e gruppi jazz come Paul Whiteman hanno suonato canzoni come ad esempio “Felix Kept on Walking” (1923). E dopo un lungo periodo di calo del merchandising, a partire dagli anni 2010 Felix è nuovamente presente su una varietà di articoli, dall’abbigliamento ai giocattoli.
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Il grande successo di Felix, popolare anche tra i critici come fantasioso esempio di surrealismo nel cinema, ha anche generato una serie di imitatori, come le “Alice Comedies”, una serie di cortometraggi in tecnica mista diretti da Walt Disney tra il 1924 e il 1927, le “Favole di Esopo”, una serie di cortometraggi di Paul Terry prodotta dal 1921 al 1933, e soprattutto l’adattamento di “Krazy Kat” di Bill Nolan del 1925.
Tuttavia, come dicevamo, verso la fine degli anni ’20, con l’arrivo dei cartoni animati, il successo di Felix stava svanendo. Felix sarà infatti rapidamente eclissato da Topolino, che con “Steambot Willie” aveva compiuto una transizione precoce e di successo al suono, rendendo obsoleta l’offerta muta di Sullivan e Messmer, che non erano pronti a passare alla produzione del suono.
Il Sullivan Studio non abbracciò tempestivamente la nuova tecnologia, e cadde in declino: Felix fece un’ultima apparizione silente nel 1928 in “The Last Life”, appropriatamente intitolato; Pat Sullivan si rifiutò di far parlare Felix, e anzi per protesta bloccò la serie, ma nel 1933 annunciò di voler cominciare a produrre la serie cinematografica sonora. Purtroppo Sullivan morì di lì a poco lasciando il progetto incompiuto, lo studio chiuse i battenti, e Messmer lasciò l’animazione per concentrarsi sui fumetti di Felix, che aveva già iniziato a realizzare nel 1923, la cui pubblicazione continuò fino al 1966.
Felix fece un breve ritorno all’animazione nel 1936, quando il Van Beuren Studio acquistò i diritti sul personaggio, tuttavia non riuscirono mai a evocare il fascino degli anni di Messmer e la serie si è conclusa dopo solo tre episodi.
Nel 1960, Felix è stato ripreso ancora una volta, questa volta in TV, dal produttore Joe Oriolo, già assistente di Messmer negli anni Cinquanta e co-creatore di “Casper the Friendly Ghost”, che nel 1954 aveva rilevato la striscia di Felix.
Come già lo studio di Van Beuren, Oriolo ha dato a Felix una personalità più addomesticata, adattando la serie a un pubblicò sempre più giovane, eliminando il precedente cast di supporto di Felix e introducendo piuttosto molti nuovi personaggi; Oriolo ha introdotto elementi ormai familiari come la borsa magica dei trucchi di Felix, una borsa che poteva assumere la forma e le caratteristiche di tutto ciò che Felix voleva.
Le trame di Oriolo ruotano, quindi, attorno ai tentativi falliti degli antagonisti di rubare la sua borsa magica, anche se in una svolta insolita, questi antagonisti sono occasionalmente raffigurati anche come suoi amici di Felix. Malgrado un’animazione fortemente limitata, a causa dei limiti di budget, e le trame semplicistiche, la serie ha riscosso un buon successo.
Poi, alla fine degli anni ’80, dopo la morte del padre, Don Oriolo ha collaborato con gli animatori europei per lavorare al primo lungometraggio del personaggio “Felix the Cat: The Movie”, in cui il personaggio visita una realtà alternativa insieme al Professore e Poindexter. E dopo un insuccesso nel 1991 con un film televisivo, nel 1994, Felix è apparso di nuovo in televisione, per sostituire il famoso Fido Dido sulla CBS, e poi un anno dopo nella serie “The Twisted Tales of Felix the Cat”, cui seguiranno nel 2000 “Baby Felix” per il mercato giapponese, e il film televisivo “Felix the Cat Saves Christmas”, che rilanceranno una nuova ondata di merchandising di Felix, inclusi i giocattoli di “Wendy’s Kids Meal” e un videogioco per il Nintendo Entertainment System.
E a differenza dei suoi contemporanei, la prima star del cinema d’animazione ha ancora molta vitalità tanto che nel 2014 Don Oriolo ha venduto i diritti del personaggio alla DreamWorks Animation, e a dicembre 2020 la Wildbrain, già co-produttore di “Transformers: Rescue Bots” e “Snoopy in Space”, ha annunciato di lavorare a una nuova serie di “Felix the Cat”.
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Saggista e produttore cinematografico, già docente. E’ attivo nel mondo delle startup quale advisor per Column, e membro del CDA per Freedom Waves, SurgiQ e Smart Sommelier. Ha cofondato la Undo Studios, per la quale ha gestito come direttore amministrativo il metaverso The Nemesis. In ambito cinematografico ha co-prodotto i film “Revengeance” e “La mafia non è più quella di una volta” e la webserie “Italica noir”, oltre ad avere collaborato con vari festival internazionali e tenuto seminari universitari. Come nipponista ha pubblicato le monografie “Per un introduzione sugli emaki”, “Evoluzione e rappresentazione del gioco del go”, “Lo scintoismo” e “Ukiyo-e: il periodo classico”.
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