L’invenzione del concetto di “Grande Dea” (con lista bibliografica)
Inventato da maschi della metà dell’800, travalica gli interessi degli archeologi e penetra in tutti gli strati della società, attraverso grandi successi editoriali e nomi noti. Discutibili e infondate interpretazioni diventano verità accertata, mentre rimangono sconosciute (al grande pubblico) le tante autorevoli voci che le negano (tra cui, molte femministe archeologhe specialiste del settore!). Un breve riassunto di questa moderna vicenda ed una lista bibliografica delle critiche.
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Descritta per sommi capi la problematica che circonda il concetto di “Grande Dea” nel mio precedente articolo apparso su Rubrics, approfondiamo la storia della nascita e dello sviluppo di questo concetto. Il pubblico al di fuori dell’archeologia specialistica, ovvero antropologi, sociologi, psicologi o pubblico intellettuale generico, si è fronteggiato prevalentemente con testi divulgativi di larga diffusione editoriale, spesso anche terribilmente obsoleti per data di pubblicazione. Questi testi hanno creato un’immagine unilaterale e popolare della questione “Grande Dea” e dei vari periodi neolitici delle grandi civiltà del passato.
I lavori dagli anni ’60 ad oggi che invece riesaminano e criticano il vecchio concetto ottocentesco di “Grande Dea”, per lo più provenienti dall’archeologia o da studi specializzati, sono rimasti lontani dal pubblico. Questo perché tali lavori sono stati presentati nei formati editoriali dell’Accademia, tipicamente poco accessibili, come papers di riviste specializzate o libri a piccolissima tiratura. E per il pubblico italiano con l’ulteriore difficoltà di essere anche solo in inglese.
Leggi anche l’altro articolo sull’argomento: “Falsi archeologici: Matriarcato Neolitico e Grande Dea”
La recentissima digitalizzazione e accessibilità di materiale accademico mi ha suggerito quindi di creare una breve lista bibliografica degli studi di analisi critica del concetto di “Grande Dea” in epoche preistoriche. Insieme ai riferimenti bibliografici semplificati, ho aggiunto un link per il download gratuito.
In questo modo, ciò di cui non potrei mai argomentare nelle poche righe degli articoli di Rubrics, può essere indagato meglio. La lista breve non può essere considerata esaustiva perché condizionata dalla disponibilità dei testi e dal download gratuito, ma è comunque un ottimo punto di partenza.
Per navigare meglio la bibliografia, schematizziamo la storia della questione. Esiste un primo blocco temporale, l’epoca delle prime teorie sulla “Grande Dea”, che va da metà ottocento fino agli anni ’50 e ’60 del secolo scorso, che parte da J.J. Bachofen e che ha interessato anche grandi intellettuali al di fuori dell’archeologia come Neumann e Jung.
Segue l’epoca, intorno agli anni ’60 e ’70 del XX° secolo, in cui nascono due fenomeni paralleli. Da una parte, l’archeologia modernizzata e con approcci più rigorosi, usando le evidenze archeologiche che si erano accumulate dall’800 in poi, mostra che quelle idee sono interpretazioni senza basi solide. Di questo tipo, per esempio, i primi lavori di grandi esperti di figurine dell’antichità, come Ucko (1962, 1968) o Fleming (1969).
Dall’altra, negli stessi anni ’70, le vecchie narrazioni ottocentesche sulla “Grande Dea” iniziano a farsi conoscere in mondi esterni all’archeologia, come l’antropologia, gli studi sociali ed i circoli di azione femminista e neo-pagani. Sarà solo intorno alla metà degli anni ’70 che Marija Gimbutas inizierà ad unirsi, come rappresentante dell’archeologia, a questo nuovo fenomeno popolare di diffusione del concetto di “Grande Dea”.
Leggi anche l’altro articolo sull’argomento: “Falsi archeologici: Matriarcato Neolitico e Grande Dea”
Da quest’epoca fino all’inizio degli anni ’90, il fenomeno “Grande Dea” esplode, da una parte, per la costruzione di una nuova disciplina creata dalla Gimbutas, l'”Archeomitologia“, dall’altra per le pubblicazioni di studiose e studiosi che elaboravano ulteriormente sui risultati della Gimbutas, dando per scontato che avessero validità archeologica e fattuale. Purtroppo molti di questi studiosi non erano capaci di analizzare quelle teorie ed interpretazioni in modo archeologicamente critico perché di diversa formazione, come il grande storico delle religioni Joseph Campbell. Il tutto vedrà un’esplosione di editoria popolare tra il 1990 e il 2000 che giustifica l’attuale popolarità del concetto.
Quel successo popolare ha ben presto allarmato l’ambiente accademico, in particolare femminile. Archeologhe, antropologhe e studiose delle religioni, iniziarono allora a pubblicare opere di critica a quegli approcci. A queste studiose (e pochi studiosi maschi) è dedicata la lista breve che accludo. Questi scritti chiariranno perché l’idea di “Grande Dea” e mitologie relative, concepite da maschi dell’800 e inizi ‘900 e non da donne, in realtà sono pericolose e fanno anche male psicologicamente e socialmente alla posizione moderna della donna, come sottolinea la critica femminile stessa.
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Molti si meraviglieranno come le critiche più marcate e specifiche a quelle idee mitizzanti ed ai lavori della Gimbutas provengano proprio da auto-dichiarate femministe militanti di alto livello accademico specialistico. Chiunque sia convinto che sia il femminismo a difendere le teorizzazioni della “Grande Dea” e siano le reazioni maschiliste a criticarle, si sbaglia di grosso per carente informazione. Le pubblicazioni che allego lo illustreranno efficacemente.
Nell’ambiente dell’archeologia preistorica e del neolitico quelle visioni diventate così popolari nell’ambito della grande divulgazione sono state in larghissima maggioranza abbandonate o ignorate. Ma ancora una volta, le visioni attualizzate e recenti del mainstream di archeologia preistorica più aggiornato sono rimaste per lo più all’interno dell’accademia stessa.
Quelle visioni distorte hanno interessato molteplici civiltà e periodi storici e sarebbe importante che anche a livello divulgativo fossero rese note le più attuali ricostruzioni, basate su dati recenti.
Da archeologo orientalista mi sono occupato del passaggio dall’epipaleolitico al neolitico delle aree orientali ed anatoliche: nel prossimo articolo riassumerò i punti salienti di uno studio dettagliato che ho in corso di completamento su Catal Huyuk, l’opera dello scavatore James Mellaart e la presenza nel sito delle simbologie della “Grande Dea”.
Link per il download del mio paper “Bibliografia breve sulle critiche al mito della “Grande Dea”: www.academia.edu/43480524
Leggi anche l’altro articolo sull’argomento: “Falsi archeologici: Matriarcato Neolitico e Grande Dea”
Immagine: Głowy byków z Çatalhöyük (Turcja), neolit, obecnie w Muzeum Cywilizacji Anatolijskich w Ankarze; Bull heads from Çatalhöyük (Turkey), neolithic, today in Museum of Anatolian Civilizations in Ankara
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Nato a Napoli, 1961. Ingegnere, Egittologo ed Archeologo Orientalista, laureato nelle Università di Napoli e Pisa, ha fatto parte della Missione archeologica dell’Università di Pisa in Egitto a Dra abu El-Naga, tomba tebana TT14, presso Luxor, sotto la direzione della Prof.ssa Marilina Betrò. Dal 2005 si occupa di divulgazione storico-archeologica con articoli, corsi monografici e conferenze. Come ricercatore indipendente scrive e si interessa di interpretazione storica e antropologica tramite la psicologia del profondo junghiana e post-junghiana. Le civiltà e periodi storici di interesse prevalente sono l’Antico Egitto e Mesopotamia, il Neolitico Orientale e la storia Biblica.
E-mail: massimoizzo61@gmail.com
Sito internet: http://corsi-egittologia-orientalistica.blogspot.com/
Pagina Academia: https://independent.academia.edu/MassimoIzzo